| A.A.V.V.
 
 
 album
        in pagina:
 
 - Pieces
        For Nothing
 - Greasy
        Truckers
 - Guitar
        Solo 2
 - V
 - Chaos
        In Expansion
 -
          Soupsongs - The Music Of Robert
 Wyatt
 
  
  |  - Pieces For Nothing (?) Crammed MTM 1 - vinile
 
 Minimal Compact:
 1. Bat-Yam - 2. Too Many Of Them - 3. Immer Vorebei - 4.  Animal Killers
 
 Benjamin Lew
 5. A La Recherche De B.
 
 Aqsak Maboul
 6. Scratch Holiday - 7. Odessa - 8. Chez Les Futuristes Russes - 9. Ossip Et Lili - 10. Lili Dance - 11. Retour Chez Les Futuristes - 12. Mort De Velimir
 
 Tuxedomoon
 13. Fanfare - 14. No One Expects The Spanish
        Inquisition -
        15. Drivin
        To Verdun
 
 Cover painting by Fernand Steven
 
 
  - Greasy Truckers (1973) Virgin GT 4997 - vinile
 
 Produced by Richard Elan
 Cover by Holly Hollington
 
 Recorded live at Dingwall's Dance Hall on 8 th 1973
 
 Camel:
 1. God Of Light Revisited
 
 Henry Cow:
 2. Off The Map - 3. Cafè Royal - 4. Keeping Warm In Winter/Sweet
        Heart Of Mine
 
 Global Village:
 5. Look Into me - 6. Earl Stomham - 7. You're A Floozy Madame
        Karma - 8. Everybody Needs A Good
        Friend
 
 Gong:
 9. General Fish Of The United
        Hallucinations -
        10.
        Floating Anarchy
 
 
  - Guitar Solo 2 (1976) Caroline 1518 - vinile
 
 Fred Frith:
 1. Water/Struggle/The North 11.05 - 2. Only Reflect 4.00
 
 G. F. Fitzgerald:
 3. Brixton Winter 1976 9.40
 
 Hans Reichel:
 4. Avantlore 3.05 - 5. Vain Yookts 3.00 - 6. Donnerkuhle 5.05
 
 Derek Bailey:
 7. Virginal 6.20 - 8. Praxis 4.00 - 9. The Lost Chord 1.50
 
 
  - V (1975) Virgin Records avil 2502 - vinile
 
 Robert Wyatt
 1. Yesterday Man 3.07
 
 Mike Oldfield
 2. Don Alfonso 6.04
 
 Ivo Cutler
 3. Go And Sit Upon The Grass 2.20
 
 Tangerine Dream
 4. Overture 11.06
 
 Kevin Coyne
 5. Marjory Razorblade 8.30 - 6. Looking For The River 3.06
 
 Captain Beefheart
 7. Mirror Man 4.42 - 8. Upon The My-o-my 4.00
 
 Slapp Happy
 9. extract from The Messiah 1.45
 
 Henry Cow
 10. A Worm Is At Work 1.48
 
 Tom Newman
 11. Sad Sing 2.17 - 12. Super man 3.30
 
 Chili Charles
 13. Semba 3.20
 
 Jabula
 14. Baile (they are gone) 4.33
 
 Clearlight's Symphony
 15. extract from Part One 4.00
 
 Hatfield and The
        North
 16. Your Majesty Is Like A Cream
        Donut 6.08
 
 White Noise II
 17. White Noise II 4.00
 
 Steve Hillage
 18. Pentagramaspin 5.48
 
 Le dita a V sono il segno di vittoria ma indicano anche l'iniziale di
          Virgin, uno tra i nomi più ricorrenti e discussi della scena musicale
          inglese da anni a questa parte. Il doppio album è un'antologia,
          vorrei dire un catalogo, della scuderia di Richard Branson e del
          castello di Manor, che già ha imposto al pubblico internazionale il
          fenomeno Mike Oldfield ed ha proposto altri nomi come Hatfield And The
          North, Henry Cow, attirando oltre tutto figure dell'underground
          sepolto (Comus, Gong, Egg) o altri personaggi popolari in cerca di
          riascatto, come Captain Beefheart, il cui esordio inglese, sia detto
          per inciso ha comunque largamente deluso.
 Il disco è messo in circolazione a prezzo speciale (meno di tre
          sterline in Gran Bretagna, uno sconto anche in Italia) e contiene
          materiale curioso ed inedito, finendo per speculare un pochino sulla
          mania collezionistica di molti ragazzi. Nè la pubblicità che lo
          accompagna nasconde questa intenzione, incoraggiando qualche legittimo
          dubbio sulla reale "alternatività" della scuderia. Ma a
          parte quest'ultima osservazione, la raccolta è di livello eccellente,
          a dispetto dell'ovvia frammentarietà stilistica, ed ha il merito di
          presentare artisti del tutto sconosciuti.
 L'immagine, è quella di un'Inghilterra che scava nel proprio
          retroterra culturale, non esclude le danze popolari nè il pop
          d'avanguardia deglu ultimi anni; avverte il franare di certa cultura
          tradizionale, così come l'inadeguatezza di certo rock ad esprimere
          l'inquietudine esistenziale, ma non cerca mai il gusto del difficile e
          dell'incomprensibile fini a se stessi, superando di slancio tanto
          l'indugio accademico come lo sperimentalismo esclusivo.
 Il discorso vale innanzi tutto per Oldfield, che al precedente 45
          reggae, Froggy Went-a-courting, fa seguire una canzoncina assai
          simile ad un celebre stornello toscano che, trattato ancora con ritmo
          giamaicano, è davvero cosa banale e disimpegnata in confronto al
          cesello minuzioso e ricchissimo dei capolavori sinfonici di Mike.
          L'ascoltatore non vi cerchi nulla di Tubular Bells o di Hergest
          Ridge, ma sappia che Oldfiend è sopratutto un cultore della
          tradizione, e non è escluso che un suo prossimo disco assomigli più
          agli Steley Span che a Debussy o a Sibelius. Don Alfonso vede
          Impegnati alla fisarmonica e al canto (?!) David Badford,
          l'arrangiatore e direttore d'orchestra che ha curato la nuova versione
          di Tubular Bells ed è tra i nomi più noti dell'avanguardia
          classica nel suo paese; poi Chris Cutler degli Henry Cow, altra
          conoscenza delle "campane tubolari" e Kevin Ayers a
          completare il qualdro.
 Altro episodio orecchiabile ma ricco di fascino è quello di Robert
          Wyatt, l'ex batterista dei Soft Machine e dei Matching Mole tornato a
          nuova vita dopo l'incidente che lo ha privato dell'uso delle gambe.
          Cantante delicato, tastierista raffinatissimo e batterista creativo ed
          originale nonostante la menomazione, continua la politca dei
          cantautori, scegliendo dopo la I'm Believer di Neil Duamond/Monkees,
          la Yestwerday Man di Chris Andrews: interpretandola con la
          vocalità esile e turbata, l'atmosfera sottile e sfuggente, il calarsi
          delle immagini in uno spazio rarefatto ed assorto, che erano poi le
          cifre distinte del suo primo solo Rock Bottom. Le due canzoni
          figurano su 45 in uscita, ed anche quasi tutto il restante materiale
          farà parte di singoli o 'Lp imminenti.
 E' il caso dei Tangerine Dream, che presentano una Overture
          tratta dal commento sonoro che Froese e compagni realizzarono per una
          versione teatrale dell'Edipo Tiranno di Sofocle, suscitando molta
          curiosità per l'accostamento della moderna elettronica tedesca alla
          tragedia classica greca.
 E' il caso anche di Hatfield And The North, ultimi eredi del vecchio
          sound della Canterbury freak che ispirò il primissimo nucleo dei Soft
          Machine, e di Steve Hillage, chitarrista dei Gong, che offre un saggio
          del''album prossimo solo.
 Kevin Coyne, ancora, è cantautore grintoso ma dai precisi limiti. Qui
          è presente con una riedizione live un po' arruffata di Maryory
          Razorblade e con un'inedita canzone per voce e piano. Captain
          Beefheart, metà dal vivo e metà in studio, lavora su un materiale
          bluesistico con il solito piglio beffardo ma poche idee geniali. Tutti
          esempi in cui l'aristocratica perfezione della scrittura è mandata in
          malora, creando un efficace contrasto con altri compagni di etichetta.
 E poi ci sono i nuovi. Gli esordienti autentici, quelli promossi dalla
          sottoetichetta Caroline, Quelli comunque sconosciuti al pubblico
          italiano. Gli Slapp Happy eseguono musica ispirata al classico (un
          estratto del Messia Di Haendel, un bachiano che aveva tenuto presente
          perfino la Beggar's Opera) ed al folklore dell'est europeo (A Worm
          Is At Work, attribuito agli Henry Cow, ma i realtà nato da
          un'esecuzione comune, e previsto sull'Lp successivo dei Slapp Happy).
          Tom Newman è l'ingegnere del suono del Manor all'esordio come
          cantante: una filastrocca (Sad Sing) ed uno spiritoso reaggae (Super
          Man) su una base strumentale assai ricca per la presenza di
          Oldfield oltre che per l'estro poliedrico dello stesso tecnico. Chili
          Charles, percussionista di Hergest Ridge, e Jabula sono i nomi
          attorno ai quali sono confluiti vari jazzisti africani operanti in
          Inghilterra, turnisti apprezzati ed esecutori raffinati, da Robert
          Bailey e Del Richardson ex Osibisa, a Dudu Pukwana. La musica è
          naturalemente ispirata al folklore del continente nero.
 Infine, entrambi sulla quarta facciata, due promettente anticipi, Clear
          Light Symphony è il nome di una suite che vede la luce pochi
          giorni dopo, proposta fra gli altri dal tastoerista Cyrille Verdeaux.
          Mentre White Noise II è un concerto per solo sintetizzatore,
          musica non cosmica ma diretta e viscerale, sui ritmi travolgenti,
          realizzata da un altro engineer dello stesso giro, David Vorhaus.
 
 
  - Chaos In Expansion (?) Utopian Diares sr 50 - cd
 
 Charles Howard - Nick Doyne
 1. Where Is Chaos Now? 2.56
 
 Ligeti Tobias Hazan
 2. Chaotic Scales After
        Ligeti's Lontano 7.40
 
 Coil
 3. Baby Food 12.35
 
 Hya Prigogine
 4. Une Fenetre De Connissance 5.20
 
 L'album Chaos
        In Expansion, per il modo in cui era
        pubblicizzato sulla stampa dai famigerati riquadri
        pubblicitari dei negozi-grossisti, poteva essere
        scambiato per una collaborazione Coil/Hayward. La
        prospettiva era di qualche interesse (gli interventi
        percussivi haywardiani sul alcuni brani del buon Love's
        Secret Domain dei Coil eccitavano
        l'appetito in questo senso) ma le cose in realtà non
        stanno così: trattasi infatti di una delle antologie
        tematiche della Sub Rosa, in cui due contributi
        principali sono formiti (separatamente) dai Coil e dal
        duo Hayward/Doyne (peraltro in prima copertina appare il
        solo nome di Hayward).
 Il tema, per una volta, è preciso e specifico, e
        chiaramente enunciato all'interno: il rapporto tra ordine
        e caos, il concetto di entropia, l'aumento di entropia
        come definizione del concetto di tempo. Un tema che,
        oltre al suo interesse concettuale/scientifico, offre
        facilmente il destro a una rilettura in termini musicali.
 Charles Hayward e Nick Doyne, offrono il contributo
        maggiore, sia in termini quantitativi che qualitativi: la
        loro suite strumentale di oltre venti minuti - Where
        Is Chaos Now? dedicata a Sun Ra -
        esplora, in sei movimenti che fluiscono in modo
        indistinto l'uno nell'altro, diversi ambiti naturalistic-
        concettuali, a volte in modo più didascalio, altre volte
        usando maggiormente il tramite della struttura musicale.
        Le sonorità, molto meno rilassate rispetto a My
        Secret Alphabet, vedono un uso più
        abbondante della batteria (cosa che già di per sè
        produce uno stato di eccitazione intensa in chi sappia di
        cosa è capace l'Hayward batterista), alcuni temi molto
        coinvolgenti e diversi momenti di intenso "sbilanciamento"
        musicale. Where Is Chaos Now?
        appare più spontaneo di My Secret
        Alphabet, meno mediato ma altrettanto
        interessante dal punto di vista della costruzione. Il
        brano è un interesante a My Secret
        Alphabet, mostrando due facce del duo e
        facendo intuire le sue possibilità di dinamica e
        sviluppo. Si spera che la collaborazione abbia modo e
        tempo di produrre altri frutti. Per i cultori Hayward, un
        ascolto necessario: il brano da solo vale senz'altro
        l'acquisto del disco.
 Il contributo che segue è una rielaborazione di Tobias
        Hazan da Ligeti, dal titolo Chaotic
        Scales After Ligeti's Lontano. Il brano
        originale, per grande orchestra, rientrava nella fase in
        cui Ligeti era interessato, dopo le esperienze
        elettroniche, esplorare e riscoprire le enormi
        potenzialità timbriche dell'orchestra. Lontano
        arrivava e un'enorme congruenza con il suo titolo: gli
        eventi sonori erano come immersi nell'indeterminatezza
        della lontananza e non per questo erano meno rilevanti.
        Il brano riusciva in effetti a creare la precisa
        impressione emotiva dell'osservatore di eventi importanti
        e vitali ma assolutamente al di fuori della portata
        dell'azione: un elemento pregnante del concetto di
        lontananza. In questa rielaborazione, effettuata con
        strumentazione elettronica, si perde tutta la
        sottigliezza della determinazione di un'atmosfera
        attraverso l'accumulazione e la differenziazione di fonti
        acustiche. La successione degli eventi sonori è ridotta
        a una passaggio graduale da frequenze estremamente basse
        e frequenze alte, con un'impennata a metà strada.
        L'impressione complessiva è di una indifferenziazione,
        che, volendo, può imparentarsi con il concetto di
        entropia ma che più probabilmente si limiterà a destare
        scarso interesse.
 Il brano dei Coil, itntitolato Baby Food,
        vede citati in formazione Peter Christopherson ai "fondamentali",
        Dannu Hyde agli "essenziali" e John Balance ai
        "raggi vibranti di psicosi spirtuale". In realtà,
        a parte la presentazione un po' altisonante (la
        registrazione utilizzerebbe una nuova procedura detta
        Sideral Sound, e il brano viene proposto come
        continuazione ed avanzamento delle teorie di "ascolto
        profondo" già applicate nel citato Love's
        Secret Domain. Si tratta forse delle
        teorie di Pauline Oliveros? Il nome è quello), si tratta
        di dodici minuti di sequencer che fanno ruotare su se
        stessi quei suoni analogici cinguettanti in gran voga
        nelle attuali produzioni ambient-techno-dance (a parte un
        simpatico organetto). Le linee melodiche sono acidule e
        insinuanti e le permutazioni abbastanza arzille (nell'ambito
        di una rigorosa ripetitività, intendiamoci) da mantenere
        sveglio l'interesse per questo brano curioso e piacevole,
        tra l'infantile e il morboso.
 Chiudono il disco cinque minuti di argomentazioni del
        premio Nobel Ilya Prigogine sulla natura della scienza,
        intitolate Une Fenetre De Connaissance,
        e adagiate su un gentile tappeto sonoro sintetico.
        Lasciando il dettaglio dei contenuti alla cura degli
        appassionati di epistologia, fisica, e storia della
        scienza, vale la pena di assaporare il timbro
        cristallino, molto intenso e convinto, della voce del
        "genio". Ospite particolarmente adatto al tema
        del disco (tra i maggiori frutti del suo lavoro c'è la
        prima proposta di una teoria meccanica dei processi
        irreversibili e la nozione di "strutture dissipative"),
        Prigogine argomenta con un entusiasmo che è quanto di più
        distante dal clima serioso e un po' scostante evocato dai
        famosi scritti che accompagnano dischi come quelli dei
        Clock DVA e dell'Hafler Trio e che stanno diventando un
        triste luogo comune dell'odierna avanguardia "incolta".
 Fortunatamente con questo disco siamo in tutt'altro clima:
        forse un po' esoterico ma con gusto.
 Andrea
        Landini da Musiche n° 15 primavera 1994.
 
 
  - Soupsongs (2000) Jazzprint jpvp101 - cd
 
 1. Sonia 7.45
          - 2. A Sunday In Madrid 5.51
          - 3. Sea Song 5.44
          - 4. September The Ninth 7.22
          - 5. The Duchess 6.26
          - 6. P.L.A. 3.14
          - 7. Alliance 7.06
          - 8. Left On Man 6.43
          - 9. Muddy Mouse I '37
          - 10. Solar Flares 5.06
          - 11. Muddy Mouse II '45
          - 12. 5 Black Notes And I White Note 4.13
          - 13. Muddy Mouse III 6.39
          - 14. Free Will And Testament 4.40
          - 15. Team Spirit 7.12
          - 16. Vandalusia 4.15
          - 17. Little Red Riding Hood Hit The Road 6.09
          - 18. Alifib/Alife 9.29
          - 19. Sight Of The Wind 8.36
          - 20. Gharbzadegi 11.33
          - 21. Soup Song 4.56
          - 22. Dondenstan 7.45
          - 23. Heaps Of Sheeps 6.05
 
 Musicians:
 Julie Tippets, Ian Maidman, Annie Whitehead, Didier Malherbe, George
          Khan, Phil Manzanera, Harry Beckett, Janette Mason, Steve Lamb,
          Liam Genockey
 
 Produced by Ian Maidman
 Recorded live at The Palace Theatre, Newark, England on October 10,
          1999
 Enginnering by Chris Thorpe and Dallas Simpson
 Cover painting by Julie and Mark Wilkinson
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