John Cale



album in pagina:

- The Academy In Peril
-
Music For A New Society
-
Artificial Intelligence
- Slow Dazzle
- Song For Drella
- Hobor Sapiens




collabora in:

- Brayter Layter
  (Nick Drake)

- Another Green World
- Wrong Way Up
- Music For Film

  (Brian Eno)


- The End

- Desert Shore
- The Marble Index

  (Nico)

- Churxh Of Antrax
  (Terry Riley)


- Featuring Nico
- Velvet Underground And Nico
- White Light/White Heat

  (Velvet Underground)


- Sahara Blue

- Chansons Des Mers Froides

  (Hector Zazou)



Nato nel 1940 a Crynant, una piccola cittadina nel sud del Galles, John Cale ha fin da ragazzo due ossessioni, che riesce in seguito a far combaciare in un'operazione di difficile sintesi: la passione per la musica e quella per il rumore.

Appena ventenne, il nostro lascia il suo paesino e va a Londra per studiare musica al conservatorio: riesce così bene che tre anni dopo vince una borsa di studio per un corso di composizione moderna all'Estmann Conservatory di New York. Fin qui la musica.

Nel '64 incontra La Monte Young, Marian Zazeela, Tony Conrad, Terry Riley e Angus McLise ed entra a far parte, anche se non stabilmente, del gruppo dei coniugi Young, The Theatre Of Eternal Music, sperimentando le possibilità di emissione di note della sua viola fino ai confini ultimi della musica. Il rumore caotico e assoluto.

L'anno successivo è estremamente importante per John: incontra (a un party, almeno così vuole la leggenda) Lou Reed e va ad abitare con lui insieme ad Angus McLise. Fa la conoscenza, tramite Lou, di Andy Warhol, esponente di punta della Pop Art americana. Infine, viene esplulso dal conservatorio. Non solo, decide di suonare insieme a Lou e nascono così i Primitivies, i Warlocks, i Falling Spikes, nomi effimeri per complessini che non durano più di qualche settimana. Comunque il ghiaccio è rotto; e dagli spezzoni delle lastre escono i Velvet Underground.

I Velvet fagocitano Cale per tre anni, dalla fine del 1965 all'autunno del '68: prima come oscura "band" che si esibisce in piccoli club del Village di New York; quindi come creatura di Andy Warhol, amorevolmente cresciuta nella sua Factory e parte integrante delle sue sperimentazioni cinematografiche (Hedy del novembre 1965, The Gerald Malanga Story,. episodio di The Chelsea Girl, dell'estate '66, High Ashbury, episodio del mastodontico Four Stars, girato tra il 1966 e il '67, hanno tutti colonna sonora dei Velvet Underground, così come il film che documenta una delle tante esibizioni del gruppo. The Velvet Underground And Nico del febbraio 1966); poi ancora come superstar dell'underground americano con lo "show" multimedia di Warhol The Exploding Plastic Inevitable, portato da New York alla California e perfino in Canada; infine come fenomeno discografico dell'inizio '67, insieme ai Doors di Jim Morrison, anche se, a differenza della "band" di Los Angeles, i Velvet non hanno il minimo impatto commerciale.

Durante questi tre anni anche i rapporti con Lou Reed non sono mai facili, e il fragile equilibrio su cui si basano si spezza all'improvviso. Cale lascia il gruppo (non prima di aver collaborato insieme agli altri alla realizzazione di
Chelsea Girl, il primo album solo di Nico) e s'impegna presso l'Elektra, iniziando così una lunga quanto poco conosciuta carriera di produttore, "talent-scout" e tecnico di registrazione.

Il 1969 vede la pubblicazione di
The Marble Index di Nico, in cui Cale suona tutti gli strumenti e arrangia l'intero lavoro; di The Great American Eagle Tragedy degli Earth Opera (band con Peter Rowan e David Grisman), in cui John la sua inconfondibile viola; e, sopratutto, di The Stooges, debutto dell'omonimo gruppo di Iggy Pop, che vede Cale produrre uno degli esordi discografici più sconvolgenti della storia del rock.

Nel frattempo il nostro cambia lavoro e va a remissare in quadrifonia il catalogo classico della CBS/Columbia, impegno che l'occuperà per quasi un biennio ma che non lo distoglierà dai suoi interessi, visto che il primo anno della nuova decade vedrà la realizzazione di ben due progetti discografici. Il primo è una collaborazione con Terry Riley (
Church Of Antrax, lavoro rinnegato da Riley ed uscito il primo solo di Cale, benchè fosse stato realizzato prima), mentre il secondo è il debutto da solista del nostro gallese, Vintage Violence. Ma non è finita qui, visto che Cale trova pure il tempo di produrre, suonare e arrangiare un nuovo disco di Nico, Desert Shore.

L'anno successivo l'innarestabile John decide di trasferirsi a Los Angeles, anche perchè ha trovato un posto nell'A&R Department della Warner Brothers Records. Qui, nel corso del '72, inizia la realizzazione del suo nuovo lavoro, l'ambizioso
The Academy In Peril, produce Jennifer di Jennifer Warners (che tra l'altro contiene il suo brano Empty Bottles, altrove inedito) e pone le basi per il suo successivo 'Lp.

Nel '73 realizza
Paris 1919, cooproduce insieme a Ted Templeman l'album Cuck, Novi & Ernie, nel quale è responsabile degli arrangiamenti degli archi e dei fiati (ma non sarà mica che il nostro folle gallese si cela sotto lo pseudonimo di Novi?) e produce un demo per i Modern Lovers di Jonathan Richman, registrazioni che vedranno la luce solamente nel '76 ad opera della Baserkely.

Frenetica, quindi, l'attività di Cale all'inizio degli anni Settanta, come dimostra anche il periodo 1974-75.

Dopo la preparazione dello storico concerto insieme a Kevin Ayers, Nico e Brian Eno al Rainbow di Londra (e
June 1, 1974 documenta questa esibizione, Cale realizza Fear (il primo lavoro della cosidetta "trilogia inglese"), produce il nuovo disco di Nico (intitolato The End...) e inizia una stretta amicizia con Brian Eno.

il '75 si apre con la pubblicazione di
Slow Dazzle e la partecipazione alle registrazioni di Another Green World di Eno: poi, contemporaneamente alla registrazione del nuovo 'Lp, Cale vola a New York per produrre un altro grandissimo album d'esordio Horses di Patti Smith (una bella doppietta dopo gli Stooges). A novembre viene pubblicato Helen Of Troy, e con esso si conclude il "periodo inglese".

Cale continua a dividersi tra il lavoro in studio a Londra e le esibizioni dal vivo in America, spessissimo come accompagnatore di Patti Smith.

All'inizio del 1977 la Island stampa un'antologia dei tre dischi realizzati in Gran Bretagna da Cale,
Guts, e poco dopo il mercato è quasi invaso da alcune sue produzioni: Packet Of Three (Ep) e The Sqeeze (Lp) degli Sqeeze, I Don't Wanna (Ep) degli Sham 69, Menace dell'omonima band (Ep), più un singolo di Julie Convington e una partcipazione al secondo album dei canadesi Kate & Anna McGarrigle (Dancer With Bruised Kness). L'estate dello stesso anno vede l'uscita di un Ep a 45 giri, intitolato Animal Justice, per la Illegal Records.

L'anno successivo inizia con la produzione di un Ep di Harry Toledo & The Rockets, prosegue con la partecipazione alle sessions per
Music For Film di Brian Eno e per Julie Convington dell'omonima cantante; vengono poi pubblicati il 33 giri di David Kubinec (Some Things Never Change) e il singolo dei francesi Marie Et Les Garcons (Attitudes/Re-Bop), altre due delle sue produzioni.

Il '79 segna il ritorno in grande stile di John Cale alle esibizioni dal vivo negli Stati Uniti, ritorno documentato egregiamente da un disco ufficiale,
Sabotage/Live, per la sua etichetta (la stessa che aveva pubblicato l'Ep di Harry Toledo e per la quale era nel frattempo uscito un 45 dei Necessaires, You Can't Borrow My Car/Runaway Child, e da uno illegale, Unknow/Only Time Will Tell, non proprio eccellente sotto il profilo tecnico ma ottimo per quanto riguarda la qualità della musica.

Arriviamo quindi agli anni Ottanta che sembrano, per ora, decisamente più calmi del decennio preedente. Nel primo anno della nuova decade Cale si limita a pochi concerti e alla produzione dell'album d'esordio del gruppo francese dei Modern Guy, intitolato
Una Nouvelle Vie. Nel 1981, invece, esce di nuovo allo scoperto con un lavoro Honi Soit..., e con una tournèe europea; mossa che ripete l'anno dopo con lo straniante Music For A New Society. Questa volta effettua però il tour da solo, accompagnandosi con una semplice chitarra acustica e un piano elettrico.

Eccoci agli ultimi mesi, ovvero all'inizio di questo '84 che ha riporta il nome di John Cale sui giornali, sia per la sua nuova tournèe, sia per l'uscita dell'ultimo (per ora) lavoro discografico dell'intramontabile gallese,
Carinnean Sunset.

Abbiamo così tracciato velocemente la storia di John Cale, musicista raffinato e contemporaneamente sperimentatore insaziabile, sempre pronto a rischiare in prima persona pur di poter proporre al suo pubblico quello che vuole, senza falsi pudori e sinceramente. Produttore ricercatissimo e talent-scout formidabile: pensate soltanto come qualcun altro avrebbe potuto far suonare il primo 'Lp degli Stooges o quello dei Modern Lovers, per non parlare dei dischi di Nico che ha letteralmente inventati e della perla più lucente della collezione, quell'
Horses di Patti Smith che a quasi dieci anni dalla sua pubblicazione continua a stupire per la carica incandescentemente rivoluzionaria che riesce a comunicare all'ascoltatore. (...)

Eddy Cilia e Marizio Petitti da
Mucchio Selvaggio n° 77 giugno 1984

- The Academy In Peril
(1972) Edsel ed 182 - vinile

1. The Philosopher 4.25 - 2. Brahams 6.55 - 3. Legs Larry At Television Center 3.35 - 4. The Academy In Peril 6.20 - 5. Intro '57 - 6. Days Of Steam 1.58 - 7. Three Orchestral Pieces 8.30 - 8. King Harry 4.04 - 9. John Milton 7.54

Produced by John Cale
Recorded and mixed at Air Recording Studios, London
Engineering by Jean Bois
Cover by Andy Warhol

Dopo due anni trascorsi remissando in quadrifonia il catalogo di classica della CBS/Columbia, l'ex Velvet Underground si trasferisce a Los Angeles e comincia a lavorare per la Warner Brothers. Il suo incarico? Scoprire nuovi talenti. Nel frattempo, nulla gli vieta di proseguire la sua attività solista. Il terzo Lp viene pubblicato dalla Reprise (una sotto-etichetta della Warner) ed è la pietra miliare a lungo attesa.
Pesantemente influenzato dalla musica classica, The Academy In Peril è un disco colossale, un grande album da isola deserta. Fra composizioni orchestrali (Three Orchestral Pieces, John Milton), brani per solo pianoforte (Brahms, The Academy In Peril) e geniali intuizioni (la slide di Ron Wood in The Philosopher, l'allucinata voce narrante in Legs Larry At Television Center), John Cale disegna quella che è forse (insieme a Music For A New Society) la pagina più bella della sua storia di artista.
Bizzarra la copertina (di Andy Warhol) e difficile, ahimè, la reperibilità di questo Lp. Se però dovessi passarvi per le mani non fatelo sfuggire, a costo di pagarlo a peso d'oro. Compratelo e custoditelo gelosamente, ma non ascoltatelo troppo spesso: potrebbe venirvi la tentazione di buttare dalla finestra tutto il vinile acquistato in precedenza.
Eddy Cilia e Maurizio Petitti da Mucchio Selvaggio n° 77 giugno 1984

- Music For A New Society
(1982) Island ILPS 17019 - vinile

1. Taking Your Life In Your Hands - 2. Thiughtless Kind - 3. Santies - 4. If You Were Still Around - 5. Close Watch - 6. Mama's Song - 7. Broken Bird - 8. Chinese Envoy - 9. Changes Made - 10. Damn Life - 11. Risè, Sam And Rimsky Korsakov

Musicians:
John Cale, Alan Lanier, D.J. Young, Robert Elk, David Lichtenstein, John Wonderling, Mike McLintock, Pipe Major, Tom Fitzgibbon, Risè Cale

Produced by John Cale
Recorded and mixed at Sky Line Studios, New York City
Cover by Rob O'Connor

La difficoltà che si ha nel contenere il personaggio, seguirlo nelle tortuose peripezie mentali, sta nella capacità di penetrare il suo universo illogico e coerente.
Al pari di Lou Reed, John Cale è sceso al fondo della scala sociale nella New York emarginata, tribola e depravata, ma lo ha fatto con metodo più intellettuale, confrontando la sua esperienza, la sua cultura di marca europea con tutte le sollecitudini contraddittorie di quella realtà dura, dalle più disparate sfacettature.
Alla corte di Andy Warhol, poi, ha imparato a trasformare il vuoto in forma d’arte, l’espediente in manifestazione di concetto artistico, ad essere geniale, deviato e ciarlatano. E quanto l’esperienza dei sessanta, della Factory, dei Velvet Underground, sia stata determinante nella formazione definitiva di questa mente contorta e dissociata, è comprensibile proprio attraverso l’improbabile analisi di una produzione aliena da qualsiasi rigore logico, eppure assimilabile in se stessa in virtù delle particolari attitudini umane, mentali ed artistiche di John Cale.
Paranoico ed insolubile, John Cale resta un’insopportabile mistero. Quale è il vero John Cale? Quello di Academy In Peril , impegnato a ricordare la lezione del conservatorio e a intendere passi migliori del rock dissonante, quello di Paris 1919 tra pop e decadenza, o quello di Sabotage, degenerato e duro, in linea con le asprezze del più cruso “after punk”? Di fatto questo gallese sconvolto è uomo capace di guardare con molta attenzione al “fatto musicale”, di prevederne gli sviluppi, di anticipare determinati contenuti, senza per questo preoccuparsi di dare un senso di continuità al suo lavoro che può assurgere ai vertici della genialità ed un attimo dopo soccombere ai limiti della banalità.
Music For A New Society apre uno spiraglio di soluzione, slegato e difficile, sospeso com’è. “Musica per una nuova società”, proposizione a respiro deontologico o presa di contatto con una realtà attuale, assolutamente inelluttabile?
Nevrotica indagine di un contesto sociale che muove incerto al bagliore di una musica, o disperata introspezione, accettazione passiva di un mondo interiore devastato, insidiato dalla paranoia del vivere?
Verosimilmente le canzoni di questo lavoro evocano il demone irrisolto ed irrisolvibile di Syd Barrett, songwriter avulso agli schemi costrittivi della normalità, pulsano tediose ed affascinanti in una deformante dimensione onirica, chiedono devozione e rispetto come una preghiera dettata dal terrore.
Lo sviluppo è incongruo, ricomposto dolorosamente: l’organo sepolcrale vibra lunghi accordi di speranza sfrustrata, la chitarra acustica tende suoni estranei, la viola inscena vibrante commozione, il sogno è traversato da effetti elettronici dissocianti, la cornamusa risorge nella memoria sconvolta con la sua melanconica tensione.
Nessun ottimismo, ma splendida desolazione, solitudine e malessere nello stomaco; resta un appiglio di umore sardonico nel riscrivere Damn Life sulla musica dell’Inno della Gioia, viene meno ogni energia di rivolta, si erge l’indifferenza di un uomo diverso.
Ugo Bacci da Rockerilla n° 28 novembre 1982

- Artificial Intelligence
(1985) Ricordi snir 25114 - vinile

1. Everytime The Dogs Bark - 2. Dying On The Vine - 3. The Slleper - 4. Vigilante Lover - 5. Song Of The Valley - 6. Fade Away Tomorrow - 7. Black Rose - 8. Satellite Walk

Musicians:
John Cale, James Young, Graham Dowdall, David Young

Produced by John Cale
Cover by Denis P. Nechvatal

John Cale è stato ed è un grande musicista, rinverdire i fasti e l'importanza del diabolico gallese sulla scena musicale odierna ruberebbe soltanto tempo e spazio, al solito molto preziosi per chi legge e per chi scrive.
Ma l'uscita di Artificial Intelligence ad un anno dal valido Comes Alive, vede ritornare sulla testa dell'artista una spada di damocle indesiderata e fuori luogo, il povero Cale sembra condannato dalla sua stessa leggenda, la minima distrazione non gli è consentita, e, nonostante appartenga al volto più oscuro e valido del Rock System, poco si fa per assecondare il lato più umano e meno legato alla figura di un ormai scomodo (per lui) messia. Personalmente reputo troppo restrittivo ed anacronistico valutare l'operato di Cale rifacendosi solo al suo pur luminosissimo passato, più giusto e ponderato valutarne l'opera nel momento storico-musicale a cui essa è collegata; ben venga allora in questi incerti eighties il pout-pourrì colorato, e per certi versi irriguardoso, di un disco come Comes Alive, ed un brano come Leaving It Up To You, così lontano dai canoni dell'ev-Velvet, meriterebbe le stesse lunghe e noiose dissertazioni concesse a Dancing In The Dark di Springsteen, prima di sentenziarne la definitiva stroncatura. Ma ci si ostina ad amare il Cale che non fa notizia, a dispetto del gran parlare che se ne fa, preferendolo sempre uguale a se stesso nell'ambito della sua riconosciuta diversità. Artificial Intelligence ci spiazza e, come già accaduto in passato, non ci esalta, ma conserva i tratti dell'opera genuina e viva, realmente disinteressata e conscia dei propri limiti, il che è già una gran cosa. Ne resterà deluso chi chi crede il "nostro" perennemente alla ricerca di musiche per una nuova società, anche se qua e là sembrano tornare le stesse meravigliose pulsazioni della sua ultima grande opera.
Rifiutare a priori come Fade Away Tomorrow come Satellite Walk, ovvero le più contaminate dal gusto comune della canzoncina elettronica e ben confezionata, significa cozzar contro i perenni mutamenti dell'essere, che contemplano anche, purtroppo, periodi involutivi e di scarsa vena creativa. Se per i due brani appena citati può esistere il motto "prendere o lasciare", il resto dell'opera vive più in sintonia con le caratteristiche artistiche del gallese; ecco allora la scarna essenzialità musicale che pervade ogni solco, le meditazioni assorte ed ipnotiche di Dying On The Vine e The Sleeper, i dolcissimi fraseggi acustici di Black Rose, il rock ispirato ma freddino di Everytime The Dogs Barles e Vigilante Lover.
Il buon John ha anche trovato il tempo per divertirsi in studio con i suoi collaboratori (tra cui ritroviamo Dave Young alla chitarra), partorendo un "divertissiment" come Chinese Takeaway, dove vengono accennati alle tastiere diversi classici motivetti come la Toccata più famosa di Bach e le sonate di Beethoven, inghiottiti poi senza scampo dal principale tema strumentale di indubbio sapore orientale.
Non esaltante, dicevamo, questo Artificial Intelligence, meno compatto di Caribbean Sunset e meno affascinante di Music For A New Society, combattuto tra forme espressive molto diverse tra loro, che abbisognano di un adeguato incanalamento stilistico da parte dell'artista. Non mancano, come sempre, buona volontà e momenti fulgidi, ma sopratutto la sensazione, più che giustificata, di poterci aspettare di più e meglio per il prossimo futuro.
Roberto De Benedetto da Buscadero n° 52 ottobre 1985

- Slow Dazzle
(1975) Island ilps 9317 - vinile

1. Mr. Wilson - 2. Taking It All Away - 3. Dirtyass Rock'n Roll - 4. Darling I Need You - 5. Rollaroll - 6. Heartbreak Hotel - 7. Ski Patrol - 8. I'm Not The Loving Kind - 9. Guts - 10. The Jeweller

Musicians:
John Cale, Chris Spedding,
Phil Manzanera, Paul Donaldson, Brian Eno, T. Donald, G. Conway, C. Thomas

Produced by John Cale

- Songs For Drella
with Lou Reed
(1990) Sire 7599-26140 - vinile

1. Smalltown 2.03 - 2. Open House 4.16 - 3. Style It Takes 2.54 - 4. Work 2.36 - 5. Trouble With Classicists 3.40 - 6. Starlight 3.26 - 7. Faces And Names 4.11 - 8. Images 3.28 - 9. Slip Away (A Warning) 3.04 - 10. It Wasn't Me 3.29 - 11. I Believe 3.17 - 12. Nobody But You 3.44 - 13. A Dream 6.33 - 14. Forever Changed 4.49 - 15. Hello It's Me 3.03

Musicians:
Lou Reed, John Cale

Produced by Lou Reed and John Cale
Recorded at Sigma Sound, New York
Cover photo by James Hamilton

Brooklyn, interno della St. Ann's Church, domenica 8 gennaio 1989. Sono trascorsi due anni dalla scomparsa di Andy Warhol. Si danno appuntamento dinanzi all'altare due suoi "figli": Lou Reed imbraccia la chitarra elettrica, John Cale si siede alle tastiere. Si sono ignorati per vent'anni ma adesso sono lì, a disegnare un immenso atto d'amore: una suite in quindici movimenti per ricordare il sovrano della Pop Art.
Il tam tam è rimbalzato da una parte all'altra di New York; l'intellighenzia è stipata nella cattedrale: fedeli seguaci, amici o semplicemente ammiratori di Andy ascoltano l'opera in silenzio. Il successo è grande.
Una manciata di mesi più tardi si replica; questa volta la cornice è la Brooklyn Academy, in occasione del Next Wave Festival.
E' stata sufficiente qualche telefonata ed è bastato dare un calcio ai vecchi trip egocentrici per rendere concreto il progetto Songs For Drella. Messi in archivio gli attriti velvettiani del Banana Album e di White Light, White Heat (duello di due geniali cervelli a colpi di parole infuocate), Reed e Cale hanno potuto ritrovarsi e rendere omaggio a Warhol. Hanno scritto e riscritto, eliminando ogni facile retorica.
Songs For Drella, oggi è un album del quale innamorarci; lo straordinario ritratto di Andy lavoratore multimediale, il Dracula che succhiava linfa dall'arte per rendere inimitabile la propria Arte, nonchè la nitida fotografia dell'uomo Andy, Cindirella sensibile e indifesa fuori dalle luci della ribalta.
Quindici brani che hanno i colori violenti delle Campbell's Soup Cans e il sorriso di Marilyn; che rammentano l'incessante operosità della Factory e l'esplosione del Plastic Inevitable show dei Velvet Underground; che sbattono in faccia il ricordo di una revolverata, quella di Valerie Solenis (un maledetto 8 giugno '68) e che passano al setaccio la velocità dei parties newyorkesi.
Lou Reed e John Cale in splendida solitudine, hanno potuto concepire Songs For Drella dopo aver fatto tesoro dell'esperienza-Velvet e delle reciproche carriere soliste. Soltanto ora ha potuto prendere forma quest'opera, perchè sono esistiti capolavori del calibro di Transformer, Paris 1919, Berlin, Fear, Coney Island Baby, Songs For A New Society e New York.
Due voci, chitarra, viola, pianoforte, tastiere elettroniche e nient'altro: Lou canta in Smalltown, Open House, Work, Starlight, Images, Slip Away, It Wasn't Me, I Believe, Nobody But You e Hello It's Me; John in Style It Takes, The Trouble With A Classicists, Faces And Names, A Dream e Forever Changed.
In quasi tutti i brani è Andy Warhol a parlare in prima persona, ulteriore grande magia da parte di Cale e Reed.
Per quanto riguarda invece la musica, è il risultato di una amalgama tra il proverbiale suono urbano del newyorkese e il nobile classicismo del gallese.
Prologo di Songs For Drella è Smalltown, ossia Pittsburgh, troppo stretta per Warhol in cerca di fortuna. Le mille luci di New York sono un richiamo irresistibile. Pochi minuti, l'inconfondibile voce "narrante" di Lou Reed che si muove in cima alle note di un pianoforte in odor di cabaret. Open House, ovvero il raggrupparsi della "corte" warholiana, è invece un pezzo ripetitivo e atmosferico per piano, synth e chitarra, mentre con Style It Takes ci si immerge nel microcosmo classicheggiante caro a John Cale.
Work, riporta nel cuore delle dissonanze di White Light, White Heat: chitarra in distorsione e piano "avangarde"; The Trouble With A Classicists rimanda al Cale fagocitante e sperimentale. Con Starlight, Faces And Names e Images viene ripercorsa la notorietà di Drella, re indiscusso della Factory: il primo brano è rock loureediano teso allo spasimo; il secondo lascia trasparire la facilità con la quale Cale riesce ad afferrare le atmosfere cabarettistiche; il terzo riagguanta la durezza velvetiana.
A questo punto Songs For Drella sterza bruscamente: le luci cedono spazio alle ombre; Andy Warhol si sente perseguitato, pedinato. Slip Away è il presagio di un pericolo imminente; It Wasn't Me, pianoforte glassiano e chitarra in un mix di classico e di avanguardia, prima della caduta nel baratro con I Belive, cronaca di un tentato omicidio. Andy Warhol vede la Morte in faccia e ripensa alla propria esistenza: la ballad Nobody But You cede il passo a A Dream e all'incedere di pianoforte e chitarra di Forever Changed.
Siamo all'epilogo: la viola carezzevole di Cale e la chitarra disintossicata di Reed si incontrano per l'ultima dichiarazione d'amore, Hello It's Me. Scende il sipario su un disco che definire affascinante è riduttivo, più efficace di qualsiasi altra commemorazione warholiana. Lou Reed e John Cale, storia di un'amicizia ritrovata.
Stefano Ventini da Buscadero n° 103 maggio 1990

- Hobor Sapiens

(?) EMI  - cd

1. Zen - 2. Reading My Mind - 3. Things - 4. Look Horizon - 5. Magritte - 6. Archimedes - 7. Caravan - 8. Bicycle - 9. Twilight Zone - 10. Letter From Abroail - 11. Things X - 12. Over Her Head

Musicians:
John Cale, Andy Green, Erik Sanko, Joe Gore, Emil Miland, Ryan Coseboom

Produced by John Cale and Nick Flangen
Recorded at MediaLuna, NYC and  Globe Studios NYC
Engineering by Andt Green