| McCoy Tyner
  
 
 album
        in pagina
 
 -
        Echoes
        Of A Friend
 -
        Fly
        With The Wind
 -
        Sahara
 -
        Song
        For My Lady
 -
        Atlantis
 - Sama
          Layuca
 
 
  
 collabora
        in:
 
 - Afro Blue Impression
 - Transition
 - My Favorite Things
 - A Love Supreme
 - Crescent
 (John Coltrane)
 
 - Juju
 (Wayne
          Shorter)
 
 
  
 Il
        quartetto di John Coltrane nacque con Steve Khun al
        piano, Steve Davis al contrabasso e Pete La Roca alla
        batteria, ma presto Alfred McCoy Tyner sostituitì Kuhn
        e, dopo una breve parentesi con Billy Higgins, il
        batterista fu Elvin Jones. Anche Steve Davis, più tardi,
        cedette il posto a Jimmy Garrison, per la difficoltà di
        lottare contro la prepotenza sonora di Jones.
 
 Steve Kuhn ricorda questo episodio con evidente
        dispiacerem ma riconosce che si era trovato spesso in
        vera e propria gara con il grande sassofonista, mentre
        McCoy Tyner si era subito adattato ai disegni di
        Coltrane, uscendo persino di scena quando gli si
        chiedeva.
 
 Da notare che Kuhn potrebbe comodamente perseguire una
        carriera di concertista classico: possiede l'orecchio
        assoluto e cerca di concigliare gli opposti, cioè Bill
        Evans e Cecil Taylor. All'epoca Tyner aveva ventun anni e
        si era allontanato dagli studi accademici preferendo la
        pratica giornaliera dell'improvvisazione, sentendo un
        senso di soggezione nei confronti del maestro Coltrane.
 
 McCoy Tyner nacque l'11 dicembre 1938 e cominciò, con
        riluttanza, a prendere lezioni di piano a tredici anni: a
        quindici però la musica divenne la cosa più importante
        della sua vita ed egli entrò a far parte dell'ambiente
        jazzistico della sua città natale, Filadelfia che, in
        quel periodo, era una fucina di giovani musicisti di
        talento, da Jimmy Heath a Lee Morgan, Benny Golson, Henry
        Grimes, Reggie Workman, e così via.
 
 Tyner conobbe Coltrane a diciassette anni, mentre il
        sassofonista faceva parte del quintetto di Miles Davis; e
        ricevette allora la promessa di fare parte del suo gruppo
        in futuro.
 
 Ma, dopo il lavoro con il leader di Filadelfia Calvin
        Massey, la prima offerta di risonanza internazionale la
        ricevette da Benny Golson ed Art Farmer che lo vollero
        nel loro Jazztet, uno dei più bei gruppi degli anni
        Sessanta, di cui tuttavia è attualmente impossibile
        trovare anche un solo disco, per lo meno in Italia.
 
 Tyner non restò a lungo con Golson e Farmer,
        semplicemente perchè Coltrane lo chiamò con sè.
        Abbandonò il gruppo con un po' di rimorso, e raggiunse
        il grande sassofonista, che aveva già inciso un brano
        del giovane pianista. The Believer, ed era evidentemente
        interessato alla sua abilità di armonizzare
        "modale" proseguendo sulle strade che Bill
        Evans aveva tracciato in Kind Of Blue, suonando però con una
        potenza sconosciuta alla maggior parte dei pianisti.
 
 Una delle caratteristiche del complesso che Coltrane
        voleva creare era l'ampio volume del suono: tutte le sue
        scelte erano dirette a soddisfare questa esigenza.
        Ovviamente, non il volume artificioso dato
        dall'elettricità, ma quello ottenuto suonando con tutta
        la propria energia. Questo può fare a pensare a Cecil
        Taylor, ma le incisioni realizzate con quest'ultimo
        pianista non interessarono il sassofonista proprio
        perchè, in realtà, Coltrane voleva un pianista che
        armonizzasse in maniera nuova, ma con una concezione
        dell'uso del piano nel senso più classico del jazz
        moderno.
 
 Tyner era l'uomo giusto: <<Mi chiamavano Buk
        Monk>>, ha ricordato questi, sorridendo.
 
 Vale la pena di ricordare un famoso giudizio di lui da
        Coltrane alla fine del secondo anno della loro
        collaborazione, quando cioè il pianista venne invitato
        ad incidere il suo primo disco: <<Innanzi tutto
        c'è la sua inventiva melodica, ed accanto a questa la
        chiarezza delle sue idee. Inoltre egli possiede un suono
        molto personale; a causa poi dei frammenti di modo che
        usa e della maniera con la quale li dispone, questo suono
        è molto più brillante di quanto ci si potrebbe
        aspettare dai tipi di accordi che suona. Ancora, McCoy ha
        un senso della forma eccezionalmente sviluppato, sia come
        solista che come accompagnatore. Immutabilmente, nel
        nostro gruppo, egli prende il tema e costruisce la sua
        propria struttura per esso. In breve, egli è sempre alla
        ricerca del più personale modo di esprimere se stesso.
        Non cade in niente di convenzionale. E, infine, McCoy ha
        gusto. Egli può prendere qualsiasi cosa, non importa
        quanto insolita o bizzarra, e farla apparire
        bella>>.
 
 Verrebbe da aggiungere"amen"; osserviamo però
        da vicino la prima opera dell'allora ventitrenne
        pianista.
 
 Il suo primo disco si intitola Inception. Questo è anche il titolo
        del primo brano, che è di sua composizione al pari di Blues For Gwen, Sunset, ed Effendi, ai quali aggiunge la sua
        personale visione di No Greater Love e Speak Low.
 
 Una stimolante curiosità si può notare confrontando
        questo primo lavoro di Tyner all'opera del pianista del
        momento (1962), Bill Evans. Quest'ultimo sta proprio
        allora preparando quella specie di Finnegan's Wake del
        piano moderno che è Conversation With Myself, in cui sovrappone per tre
        volte il suo stesso piano. L'accostamento al romanzo di
        James Joyce mi viene spontaneo perchè trovo Conversation With
        Myself,
        così eccezionale e "mostruoso" da riuscire
        inascoltabile... Non che questa sia un'opinione diffusa,
        anzi questo disco vinse il Grammy, in particolare per N.Y.C's No Lark (anagramma del nome del
        grande pianista Sonny Clark, morto a soli trent'anni), in
        cui Evans suona fondamentalmente sulla scala di do
        maggiore, ma a partire da La, poi da Re, da Do, da Fa, da
        Si per poi ritornare al La. Il tutto senza misure
        prestabilite, ma seguendo ad libitum i vari modi
        relativi: eolico, dorico, ionio, lidio e locria.
 
 Questo, al momento in cui nasce Inception, ma, se si accosta l'opera
        di Tyner a New
        Jazz Conception (primo disco di Evans), si possono notare
        la maggiore lunghezza dei brani, che per il più anziano
        pianista sono undici, la coincidenza dello stesso
        standard (Speak
        Low)
        e la stessa qualità di manifesto. E cioè il blues e lo
        standard personalizzati ma considerati inalienabile
        erededità del musicista jazz, e gli
        "originali" intesi nel più importante e più
        autentico dei significati: cioè, come costruzione di
        strutture in cui realizzare il proprio lessico allo stato
        puro.
 
 Si noti che, in Sunset, Tyner sembra porgere un
        tributo proprio a Evans, ma il tono della ballata non è
        lirico e sensuale, ma contiene in embrione quel
        "concertismo pastorale" che esploderà in Sahara, quasi venti anni dopo.
 
 L'accoglienza del primo disco inciso sotto suo nome da
        McCoy non fu delle migliori. Anzi, il giudizio negativo
        è quasi unanime: <<... lontano da Coltrane - fu
        scritto - la sua arte perde molto della sua necessità,
        anche se non abbandona nessuna delle sue
        virtù...>>.
 
 Questa opinione di Alain Gerber coincide con quella di un
        Gordon Beck o di un Joachim Kuhn e di una lunga serie di
        studiosi e di musicisti, ma è basata in parte su di un
        equivoco e cioè sulla supposizione che Tyner, incidendo
        sotto il suo nome, volesse ricreare il clima espressivo
        dei suoi soli nel quartetto del sassofonista. Non è
        così: Tyner nei suoi primi dischi per l'Impulse vuole
        liquidare l'eredità ricevuta dai vari Bud Powell, Art
        Tatum, Thelonius Monk, Bill Evans, ecc, inserendo in
        questa eredità il proprio contributo, come del resto
        afferma esplicitamente il suo secondo album, Reaching Fourth. Il quale è sensibilmente
        superiore al primo anche per la semplice ragione che
        Tyner è in peno sviluppo ed è passato più di un anno
        dalla registrazione del primo disco.
 
 Ancora i suoi compagni sono eccellenti: il bassista Henry
        Grimes ed il batterista Roy Haynes, ed il repertorio ha
        lo stesso aspetto programmatico del primo lavoro: Reaching Fourth, appunto, costruito
        sull'intervallo di quarta che è la base delle
        armonizzazioni di Evans e che Tyner porterà fino alle
        estreme conseguenze nel campo del jazz modale. E Blue Back, che è chiaramente la
        pietra sulla quale Chick Corea ha costruito quel
        capolavoro che è Matrix. Tyner inizia questo blues
        con un tema quasi gospel o funky, ma lo sviluppo
        dell'improvvisazione gradualmente fa emergere i connotati
        stilistici più propri del pianista. Lo stesso discorso
        va fatto per gli standards Satin Doll nell'album Nights Of Ballads
        & Blues e Autumn Leaves in Today & Tomorrow, che sono delle occasioni
        splendide per compiere un autentico viaggio dal jazz
        classico alle sue soluzioni innovatrici.
 
 Tutto sommato, il periodo dell'Impulse (e, quindi, fino a
        quando il pianista suona con Coltrane) non ci dà, però,
        l'esatta misura della statura di questo musicista.
 
 Serve a limitarlo il tentativo di farlo passare per un
        coltraltare di Bill Evans, così come lo limita il
        desiderio dell'ascoltatore di ritrovare il pianista che
        ha amato nel quartetto di Coltrane. Tyner non può
        prendere una canzonetta di Natale e darle un significato
        espressivo come fa Bill Evans, che ha un fortissimo
        bagaglio da interprete classico: Tyner ha bisogno del suo
        materiale. Nè Tyner va ristretto al ruolo giocato con
        Coltrane perchè, in quel contesto, lui è apportatore di
        serenità, moderazione e tradizione, che fanno da giusto
        contrasto all'isterica passione del grande sassofonista.
 
 E' proprio per questo che Coltrane ha rifiutato Cecil
        Taylor e Steve Khun: il pianista deve essere la madre
        terra alla quale ritorna quando ne ha bisogno.
 
 E' nel momento in cui lascia il grande sassofonista e
        l'Impulse, che Tyner riesce a realizzare la prima e più
        perfetta immagine di se stesso, ciò che accade nel disco
        The
        Real McCoy Tyner, inciso per la Blue Note.
 
 I compagni sono splendidi, da Elvin Jones a Ron Carter
        (allora bassista di Davis) a Joe Henderson, sassofonista
        sommo. I temi, tutti composti dal pianista, sono cinque
        ed illustrano perfettamente il lessico su cui sempre di
        più egli concentrerà i suoi sforzi. Passion Dance ha una frase base che è
        veramente un gioiello lessicale per un musicologo, in
        quanto rovescia la triade di Fa maggiore ed apre
        l'accordo ad intervalli di quarta Fa/Sib/Mib. La
        struttura del branoè di 32 misure, ma l'improvvisazione
        è modale sul solo accordo di Fa settima.
 
 Una cosa del tutto simile sta facendo Paul Bley (ex
        leader del quartetto di Ornette Coleman) nel suo trio con
        Gary Peacock, ma il lessico di Bley è ancora intriso di
        blues parkeriano, mentre Tyner radicalizza il sistema
        coltraniano codificando l'uso della scala pentatonica
        nell'ambito di un accordo. Cioè, invece delle sette note
        della scala relativa, ne usa solo cinque, eliminando i
        semi toni.
 
 (...) Anche Contemplation, in 3/4, costruito sulla
        più semplice delle progressioni armoniche (I/VI/V della
        tonalità minore), è un'occasione per questo lessico;
        infatti la modulazione è lenta: otto misure in minore
        (tonica), quattro in maggiore (VI grado) e quattro sulla
        settima (V grado).
 
 Gli altri brani sono quasi una rivisitazione dei contesti
        più classici; è da notare che Search For Peace è il tema di Tyner più
        suonato (è stato inciso recentmente anche dalla cantante
        Flora Purim e dall'eccellente pianista Joanne Brackeen).
        E' una ballata di 32 misure dalla forma AABA, e ciò la
        dice lunga sul gusto della forma del pianista: c'è
        sempre una struttura precisa all'interno della quale la
        sua libertà è illimitata. Ciò appare ancora chiaro nei
        due dischi che seguono: il primo, Tender Moments, in "nonetto", ed
        il secondo Time
        For Tyner, con brani in quartetto, in trio, in
        assolo.
 
 Il pianista ha scoperto in pieno se stesso: la
        maestosità dei suoi accordi, l'orogine africana o,
        comunque, le sue improvvisazioni panmodali, il gusto di
        danzare in velocissimi sedicesimi insieme al batterista
        su dei rifs possenti declamati dalla sinistra... Ma la
        critica ed il pubblico non sono di questo parere. Gli si
        rimprovera di proporre una stanca versione del quartetto
        storico, di essere forma senza amore, e così via. In
        realtà, questi discorsi si mangiano la coda: Tyner è
        grande nel periodo Blue Note così come nel fortunato
        periodo che seguirà nella Millestone, ma il lavoro gli
        manca ed altri pianisti, come Herbie Hancock, Chick Corea
        e Keith Jarrett (partiti all'ombra sua e di Evans),
        stanno proponendo opere stimolanti. Il periodo di crisi
        tocca veramente il fondo: Tyner si chiede se non è il
        caso di trovarsi un posto come autista...
 
 Ma il tunnell sta per finire; la sua fine coincide con
        l'entrata di Tyner nella nuova casa discografica - la
        Millestone - e la realizzazione di Sahara: il solito disco di Tyner
        intento a cantare l'immensità dell'Africa ed i suoi
        affetti di uomo. I compagni sono tre giovani dalla carica
        eccezionale: Sonny Fortune ai sassofoni ed al flauto,
        Calvin Hill al contrabasso ed Alphonze Mounzon alla
        batteria. Questa volta il pubblico e la critica hanno una
        reazione entusiastica. Siamo nel 1972; probabilmente al
        ritrovamento di Tyner concorre la corsa all'elettricità
        degli artisti più giovani, ma è anche vero che nei tre
        dischi che portano la data di quell'anno (gli altri sono Song For My Lady ed Echoes Of A Friend) c'è un entusiasmo nuovo,
        ed il suo titanismo beethovaniano raggiunge alcune delle
        sue vette.
 
 Che il linguaggio che appare in questi dischi fosse già
        messo a punto da qualche anno è però dimostrato dalla
        lunga serie di inediti che sta pubblicando regolarmente
        la Blue Note.
 
 In Asante, Expansion, Extension e Cosmos sono infatti presenti tutti
        gli stilemi che hanno fatto il successo di Tyner negli
        anni seguenti, così come il desiderio poetico di essere
        una sorta di Prometeo della gente nera, che opportune
        note di copertina sottolineano. Manca, indubbiamente, la
        carica convincente che si ottiene con il successo...
 
 A questo punto è interessante riferire l'opinione del
        pianista Cedar Walton, che ha sostenuto che la musica di
        Tyner, nel 1972, passa al night club alla sala da
        concerto. Giudizio che appare indubbiamente azzeccato
        ascoltando il piano solo di A Prayer For My
        Family
        (in Sahara), dove l'improvvisazione è
        il solo legame che resta con il jazz. Ma di puro
        concertismo si dovrà parlare in Echoes Of A Friend, dove Tyner richiama alla
        mente alcune opere di piano solo della scuola russa
        contemporanea come Sergei Prokofiev.
 
 Il disco è ben congegnato, con un lato dedicato
        all'eredità coltraniana e l'altro che presenta nuove
        composizioni (ma il clima non differisce): il pianista
        valica tranquillamente il tabù ritmico del jazz per
        scrivere delle vere e proprie sonatine per piano solo.
 
 Accanto a questa attività, Tyner, che ormai riceve
        consensi dappertutto, riprende un lavoro di orchestratore
        che ha il primo passo in Tender Moments della Blue Note, ma che si
        può far risalire anche al brano Three Flowers inciso per l'Impulse e
        inserito nell'Lp Today & Tomorrow.
 
 Come orchestratore Tyner ha obiettivi molto semplici:
        egli affida i suoi accordi ad un gruppo di strumenti a
        fiato o a corda, e la sua musica rimane perfettamente
        uguale a se stessa. Gli si potrebbe avvicinare Herbie
        Hancock, ma quest'ultimo è di gran lunga più
        sofisticato armonicamente con le sue sovrapposizioni ed i
        suoi indefinibili frammenti di modo, mentre Tyner sembra
        sempre di più volere rafforzare il credo che la musica
        sia folk. Opere come Song For A New World, Sama Layuca, Fly With The Wind   e Focal Point  sono piacevolissime, a
        volte divulgative, e non aggiungono niente alla
        registrazione dal vivo del suo concerto a Montreaux nel
        1973, intitolato Enlightenment. Qui il pianista, in una
        formazione che non può che ricordare quella di Coltrane,
        raggiunge a mio avviso il punto più alto della sua
        straordinaria creatività attuale. I suoi compagni sono
        ancora giovanissimi: Azar Lawrence ai sassofoni e Joony
        Booth al basso e, ancora Alphonze Mounzon alla batteria
        toccano appena i sessanta minuti in tre, ma la loro
        carica è il segreto di una serata indimenticabile.
 
 La perdita di Alphonze Mounzon (anche lui affascinato dai
        soldi facili di Bill Cobham & C) sarà rimediata con
        l'inserzione nel gruppo di un batterista ed un
        percussionista; ed è così che ascoltano il complesso
        gli appassionati italiani. Ma la formula sembra
        sconfinare in manierismo; forse per questo, dopo Atlantis  che costituisce la
        testimonianza del quintetto dal vivo, Tyner ritorna al
        trio. Anzi, al triumvirato, visto che in Trident gli altri due sono Ron
        Carter al basso ed Elvin Jones alla batteria. Da notare
        la riapparizione degli standards: dopo il periodo
        Impulse, Tyner aveva quasi del tutto abbandonato gli
        standards, eccezione fatta per l'album Time For Tyner, mentre in Song For My Lady figurava un The Night Has
        Thousand Eyes  assolutamente assoggettata alle leggi
        armoniche del pianista.
 
 Lo stesso desiderio di spazio "oceanico", Tyner
        lo immette nella ellingtoniana In A Sentimental
        Mood
        e in My
        One And Only Love in duo con Azar Lawrence
        (lontanissima dalla versione del quartetto di Coltrane
        con Johnny Hartman).
 
 La verità è che la ballata, per Tyner, non è un
        momento lirico ed intimo, ma canto solenne e religioso.
        In questo il pianista è curiosamente vicino a Dollar
        Brand, che sosteneva che le parole di How Deep Is The
        Ocean  non
        lo facevano pensare ad una donna, ma ad un'entità
        divina. (Le implicazioni mitiche e psicanalitiche le
        lasciamo al lettore...).
 
 Resta il fatto che, in Trident, lo standard non è più
        estremamente personalizzato, ma appare quasi come un
        recupero di una visione jazzistica che era propria del
        Tyner ventenne; tuttavia il pianista, ormai sicuro dei
        propri mezzi, non cade nell'errore di buttare là un Days Of Wine &
        Roses
        senza coinvolgere se stesso, e nella bellissima Once I Loved  trasforma la pacata
        tristezza di Joao Gilberto e Antonio Carlos Jobim in una
        elegia prometeica. Un Prometeo tornato presso la sua
        gente, che guarda serenamente al suo passato tormentato.
 
 Ultima interessante fatica è ancora un'avventura in
        trio, anzi una doppia avventura; Supertrios, un doppio album che sembra
        voler definire la questione se Tyner è grande anche in
        questo contesto.
 
 L'idea (sollecitata probabilmente dalla riuscita di Trident) è di metterlo insieme
        alle sezioni ritmiche dei due pianisti che hanno impedito
        negli anni Settanta il pieno riconoscimento della sua
        arte, e cioè Bill Evans e Herbie Hancock. Ma Tyner
        fallisce parzialmente l'impresa, sia pure da quel gigante
        che è.
 
 E questo perchè il suo lessico non presuppone un dialogo
        con un bassista; anzi, la sua mano sinistra,
        incredibilmente eloquente e sonora, obbliga il bassista a
        doppiarla, e nonostante la buona volontà di Eddie Gomez
        e Jack De Jonette di farlo calare di volume e di portarlo
        fuori dal "piano accompagnato", egli
        ristabilisce lo stesso clima sonoro che ha con i più
        energici Ron Carter e Tony Williams. Con il risultato che
        l'ascoltatore finisce purtroppo per desiderare, ancora
        una volta, che appaia il suono di John Coltrane (o anche
        di Sonny Fortune) ad illuminare le montagne costruite dal
        genio pianistico di McCoy Tyner.
 
 Nino
        De Rose da Musica Jazz n° 1 gennaio 1978
 
 
   
  |  - Echoes Of A Friend (1972) Millestone hbs 6049 - vinile
 
 1.
        Naima (John Coltrane) 6.34 - 2. Promise (John Coltrane) 6.10 - 3. My Favorite Things (Rodgers - Hammerstein) 8.38
        - 4. The
        Discovery (M.
        Tyner) 17.32 - 5. Folks (M. Tyner) 7.39
 
 McCoy Tyner solo
 
 Produced by Tetsuya Shimoda
 Recorded at Victor Studios, Tokyo, Japan; on November 11,
        1972
 Engineering by Tamaki Bekku
 
 
 
 
 
 
  - Fly With The Wind (1976) Millestone m 9067 - vinile
 
 1.
        Fly With
        The Wind 8.27
        - 2.
        Salvadore de Samba 12.12 - 3. Beyond The Sun 5.31 - 4. You Stepped Out Of A Dream 6.42 - 5. Rolem 5.42
 
 Musicians:
 McCoy Tyner, Billy Cobhan,  Ron Carter, Hubert Laws,
        Paul Renzi, Raymond Dustè, Londa Woode, Stuart Canin,
        Peter Schafer, Daniel Kobialko, Edmund Weingart, Frank
        Foster, Myra Bucky, Selwart Clarke, Daniel Yale, Kermit
        Moore, Sally Kell, Guilherme Franco
 
 Produced by Orrin Keepnews
 Recorded at Fantasy Studios, California on January 19, 20
        and 21 1976
 Engineering by Jim Stern
 Cover photo by Galen Rowell
 
 
 
  - Sahara (1972) Millestone hbs 6132 - vinile
 
 1.
        Enbony
        Queen 8.58
        - 2. A
        Prayer For My Family 4.45 - 3. Valley Of Life 5.17 - 4. Rebirth 5.19 - 5. Sahara 23.28
 
 Musicians:
 McCoy Tyner, Sonny Fortune, Calvin Hill, Alphonze Mouzon
 
 Produced by Orrin Keepnews
 Recorded at Decca Recording Studio, New York on January
        1972
 Engineering by Elvin Campbell
 Line photos by Clarence Eastmond
 
 
 
 
  - Song For My Lady (1973) Millestone hbs 6103 - vinile
 
 1.
        Native
        Song (M.
        Tyner) 12.56 - 2. The Night Has A Thousand Eyes (Brainin - Bernier) 8.08 -
        3. Song
        For My Lady (M.
        Tyner) 7.31 - 4. A Silent Tear (M. Tyner) 4.25 - 5. Essence (M. Tyner) 11.15
 
 Musicians:
 McCoy Tyner, Sonny Fortune, Charles Tolliver, Calvin
        Hill, Mtume
 
 Produced by Orrin Keepnews
 Recorded at Mercury Sound Studios on September 6 and
        November 27 1972
 Engineering by Elvin Campbell
 
 
 
 
 
  - Atlantis (1975) Millestone mi 55002 - vinile
 
 1. Atlantis
        18.02
        - 2. In
        The Sentimental Mood 5.35 - 3. Makin' Out 13.04 - 4. My One And Only Love 9.59 - 5. Pursuit 9.20 - 6. Love Samba 16.01
 
 Musicians:
 McCoy Tyner, Azar Lawrence, Joony Booth, Wilby Fletcher,
        Guillerme Franco
 
 Produced by Orrin Keepnews
 Recorded live at The Keystone Korner, San Francisco on
        August 31 and September 1, 1974
 Engineering by Jim Stern
 Cover photo by Phil Bray
 
 Registrato
        nel 1974 al Keystone Korner, questo disco è molto
        rappresentativo di quel tipo di musica coinvolgente e
        dionisiaca che l'ex partner di Coltrane proponeva
        all'epoca del suo prepotente riemergere sulle scene
        internazionali.
 A parte le interpretazioni raffinate e personali di In
        A Sentimental Mood e My
        One And Only Love, i brani, a firma
        dello stesso Tyner, uniscono facilità melodica ed
        eccitazione ritmica, impeto sonoro e freschezza
        inventiva.
 Il leader era accompagnato da giovani non straordinari ma
        efficaci e funzionali: Azar Lawrence al tenore e al
        soprano, Joony Booth al basso, Wilbur Fletcher alla
        batteria e Guilherme Franco alle percussioni.
 Libero
        Farnè
        da Musica Jazz n° 52 dicembre 1996
 
 
  - Sama Layuca (1974) Millestone m 9056 - cd
 
 1.
        Sama Layuca 8.35
          - 2. Above The Rainbow 2.59
          - 3. La Cubana 10.28
          - 4. Desert Cry 4.52
          - 5. Paradox 16.35
 
 Musicians:
 McCoy Tyner, Bobby Hutcherson, Gary Bartz, Azar Lawrence, John
          Stubblefield, Billy Hart, Mtume, Guillermo Granco
 
 Produced by Orrin Keepnews
 Recorded at Generation Sound Studios, New York on March 26, 27 and 28,
          1974
 Engineering by Tony May
 Cover by Phil Carroll
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