Van Morrison



album in pagina:

- Astral Weeks
-
Inarticulate Speech Of The Heart
-
Poetic Champions Compose
-
Veedom Fleece

collabora in:

- The Last Waltz
 
(The Band)




Gli Them avevano creato un alone di interesse attorno al loro leader, Van Morrison, così nei peimi mesi del '67, mentre l'irlandese si trovava nella natia Belfast, Bert Berns, produttore e scrittore di canzoni di New York, invita il musicista ad andare, a spese della sua compagnia, la Bang Records, a New York, per incidere qualche canzone. Berns era un geniale produttore, aveva scritto parecchi brani di successo, tra cui Here Comes The Night per gli Them, e la sua idea era quella di manipolare la potente voce del focoso irlandese, e proporla in un'edizione più commerciale, quindi riveduta e corretta, adatta al pubblico americano. Diventato ricco per le roylties di Twist And Shout, million seller per gli Isley Brothers, ripresa anche dai Beatles, popolare per aver portato al successo i McCoys con Hang On Sloopy, Berns era un businessman piuttosto geniale, e grazie a questi introiti aveva fondato la Bang nel gennaio '67. Morrison tentenna prima di avventurarsi negli Stati Uniti, ma poi l'offerta gli aggrada, e nel marzo di quell'anno atterra a New York City: Berns lo fa alloggiare nei pressi del Greenwich Village, da sempre culla di artisti e mette giù i piani del lancio americano di Morrison.

Decidono assieme di incidere 4 singoli, vale a dire otto canzoni: con il primo brano
Brown Eyed Girl, una song orecchiabile, Morrison sfonda subito nelle chats americane, raggiungedo facilmente i top ten.

Van aveva scritto tempo addietro la canzone, intitolata
Brown Skinned Girl, ma Berns lo convince a cambiare il titolo, dandogli così un'aria più romantica.

Grazie al grande successo del singolo Bern convince Van a fare il suo primo tour da solista, e gli affianca: Charlie Brown (poi con i Deliverance), Eric Oxendine (poi con R. Havens) e Bob Grenier.

Ma la tournèe è male organizzata e si conclude in un fallimento, nel contempo il secondo singolo Bang
Ro Ro Rosey entra di prepotenza nelle classifiche, e, pur non vendendo come Brown Eyed Girl, aumenta la popolarità dell'irlandese.

Berns decide così di pubblicare, sensa il consenso dell'autore,
Blowin' Your Mind, il primo solo album di Van Morrison: il disco consiste soltanto di otto brani, vale a dire i quattro singoli incisi nelle prime sessioni della Bang, e per nulla concepiti come album; infatti Morrison si mostra deluso e sorpreso da quest'azione quasi illegale della sua etichetta.

Un lungo discorso con Berns lo convince ad incidere altre 5 canzoni, che verranno poi pubblicate, un anno dopo, su
The Best Of Van Morrison, sempre della Bang, sempre senza il consenso del suo autore: anche questa volta i brani erano intesi come basic tracks, sessioni di studio, senza una forma definitiva e completa, ma solo a livello di provini. Van parlando di questo album lo definisce amaramente:The Worst Of Van Morrison.
Improvvisamente, nel dicembre '67, Berns muore, in seguito ad un improvviso attacco cardiaco: Van è libero da qualunque impegno lo leghi alla Bang, così si dà da fare per trovare una nuova etichetta.

Nel luglio del '68 è in California e si esibisce dal vivo con uno strano trio: John Payne (flauto), Tom Kilbania (basso), Van voce e chitarra.

Il suono è chiaramente jazzato, con forti influenze da parte di Ray Charles, Sam Cooke e Chuck Berry per la scelta del materiale,, ed una formazione curiosa e poco usuale.

Lewis Merenstein, engineer e produttore, lo convince a fare un'audience alla Warner, e dopo poche sessioni l'irlandese è messo immediatamente sotto contratto.

Astral Weeks viene concepito in due sessioni di otto ore l'una: soltanto sedici ore per creare un capolavoro immortale, un disco talmente fulgido, che anche ascoltato oggi sembra un prodotto incredibile. Considerato uno dei cinque dischi più belli di ogni tempo: Astral Weeks è un punto di partenza per ogni autore intelligente, un punti di riferimento obbligatorio: la sua vena jazzata, con chiari riferimenti blues, l'esecuzione impeccabile, il suono strabiliante rimangono ancora oggi uno dei miracoli della musica rock. Van Morrison è stato considerato da molti un genio, sopratutto per questa sua prima opera, e se consideriamo che l'album è stato prodotto con pochi soldi ed in due sessioni giornaliere, il disco acquista di più nella nostra mente.

La reazione critica è immediata, tutti gridano al capolavoro, mentre il risultato commerciale è piuttosto povero: a tutt'oggi si stima che l'album abbia venduto 250.000 copie circa (solo per gli USA).

Van non si perde d'animo, anzi ringalluzzito dalle lodi dei critici, si concentra maggiormente: va a vivere a Woodstock, piccola comunità (quasi) rurale della campagna newyorkese, nota per il famoso festival (che però si svolse a circa 60 miglia) e per essere stata per anni sede della band di Robbie Robertson.

Alla fine del '68 Van aveva sposato Janet Planet, una modella dal viso dolce e gentile, che molto avrebbe portato al già potente romanticismo insito nell'animo dell'irlandese.

Moondance viene inciso in poche stringate sessions, sei giorni, e praticamente eseguito dal vivo, anche se l'album è fatto in studio: infatti Morrison, prima di iniziare a incidere aveva già in mente tutto, le canzoni naturalmente, quindi gli arrangiamenti, il sound etc., per questo decide di autoprodursi. Moondance conferma l'eccezionale stato di grazia dell'irlandese, anche se il disco è su un piano strutturale completamente diverso da Astral Weeks: il tessuto sonoro è fortemente influenzato dal rhythm and blues, e l'andamento delle canzoni è strutturato principalmente sull'uso delle tastiere, che sono affidate al grande Jeff Labes, in seguito uno dei fedeli collaboratori dell'irlandese. La sequenza di canzoni, che occupano la prima facciata, è di una bellezza disarmante. And It Stoned Me, Moondance, Crazy Love, Caravan, e Into The Mystic. Alcuni giornalisti inglesi, Tobler e Frame in particolare, l'hanno definita la più perfetta side di ogni tempo, infatti è difficile trovare tanto gusto, tanta misura, tanta classe, tanta genialità unite in un unico solco, in cinque eccezionali canzoni.

Nell'estate del '70 Van inizia ad incidere il suo terzo album
His Band And The Street Choir per la Warner Bros.

La critica ed il pubblico avevano risposto bene a
Moondance, da più parti si era gridato al capolavoro e le vendite dell'album, alla fine del '70 si aggiravano sulle 300.000 copie.

Van incide cos' il suo quarto album, nel pieno della sua potenza di musicista, ed il risultato è sempre ottimo, anche se da molti critici, specialmente europei, questo disco viene definito minore. Lo stesso Morrison non è molto contento dell'album, ed in alcune interviste concesse qualche anno dopo lo considerò uno dei suoi albums meno belli. Personalmente sono abbastanza legato al disco, a brani come
Domino, Crazy Face, Call Me Up In Dreamland, Gypsy Queen, Sweet Jeannie, e non lo considero certamente uno dei punti peggiori della sua disciografia. Ad un anno esatto di distanza esce Tupelo Honey.

Inteso inizialmente come un album di country western, il disco si è poi sviluppato su temi più usuali all'artista.

Decisamente commerciale, vedi
Wild Night, è l'album di Van che ha venduto maggiormente negli States: oltre 400.000 copie. A Morrison il disco non piace molto, anzi rinnega alcuni arrangiamenti, e non gli piacciono nemmeno alcuni canzoni. (...)

Contiene due lunghe epiche canzoni:
Saint Dominic's Preview appunto e la grande Listen To The Lion, ma in tutto il resto del lavoro si respira nuovamente aria di creatività, che negli ultimi due lavori sembrava essersi leggermente inceppata.

Van è uno scrittore con i fiocchi, prolifero e personale come pochi al mondo, geniale creatore di melodie, forse debole nelle liriche talvolta, ma la sua reale forza, il suo carisma, provengono principalmente dall'uso della voce e della potente musicalità che ogni sua composizione emana.

L'uso di musicisti del calibro di Mark Naftalin e Ron Elliott uniti ai soliti Schroer, Broussard, Mallaber, Connie Kay (Modern Jazz Quartet, già grande in
Astral Weeks) fanno di questo disco un piccolo capolavoro sconosciuto, un cult album nel vero senso del termine.

Un anno dopo, circa, esce il nuovo lavoro di Morrison, quel
Hard Nose The Highway che l'autore considera uno dei suoi migliori 'Lp in senso assoluto. Da parte mia posso essere d'accordo solo in parte con Morrison in quanto il disco è indubbiamente buono, ma manca di quella potenza che ha caratterizzato alcuni dei suoi precedenti capolavori. Hard Nose The Highway ha dei momenti epici sopratutto in Wild Children stupenda canzone dedicata alla generazione americana dei fifthies, con tanto di citazioni e personaggi del calibro di Brando e Dean, e nel toccante rifacimento della tradizionale Purple Heather. La lunga Autumn, pur bella, non ha però la forza di brani come Listen To The Lion. Inoltre, per la prima volta da quando incide per la Warner, Morrison canta canzoni di altri autori: Purple Heather appunto e Green di Joe Raposo, una canzone della serie Sesame Street, che tra l'altro avrebbe dovuto essere il titolo di San Dominc's Preview.

Van Morrison è una star, non tanto per le vendite, che non sono mai colossali, ma per il suo carisma, la sua voce, la sua focosa personalità: quindi agli inizi del '74, in pieno successo, la Warner decide di pubblicare un doppio album dal vivo:
It's Too Late To Stop Now.

Il disco esce doppio anche perchè la grande etichetta californiana aveva rifiutato il progetto del musicista di pubblicare
Hard Nose The Highway come album doppio, come era nelle iniziali intenzioni dell'autore. Il doppio dal vivo è chiaramente un album trionfale: splendida esecuzione, splendida band (con gente del calibro di Labes, Platania, Hayes, Schroer, Shaar) e contiene un po' tutto il genio del musicista. Tramite i due dischi vediamo scorrere quindici anni di carriera, i suoi brani preferiti, le sue radici, i musicisti più amati: Sam Cooke, Sonny Boy Williamsom, Ray Charles, Willie Dixon, Bobby Blue Bland, quindi Cyprus Avenue, Gloria, Here Comes The Night, Caravan: una vita che scorre veloce nei solchi di due stupendi albums.

La Caledonia Soul Orchestra, aumentata da una sezione d'archi, è spettacolare ed il risultato non può essere che positivo.

Il '74 è un grande anno per Morrison, lo dimostra la sua serie impressionante di concerti, La Bang che pubblica il suo terzo album non legale (
T.B. Sheet, che contiene tra l'altro le demo tracks di Madame George e Besides You) e lo stupendo Veedom Fleece, l'album pubblicato nell'ottobre '74, un disco triste ed intimista, che chiude in bellezza il primo ciclo della carriera del grande irlandese.
Veedom Fleece viene concepito e registrato in pochi giorni, come Astral Weeks, e proprio al suo capolavoro si deve fare testo in quanto questo nuovo lavoro ne è il logico proseguimento. E' un album spoglio, secco, poco strumentato, ma denso di musica, genialità, emotività e passione: è dedicato all'Irlanda, sua patria natia, come dimostra anche la copertina, con una foto scattata appunto nella verde isola. Brani come Bulbs, Streets Of Arklow (piccolo paese poco fuori Dublino), Fair Play, Cul De Sac sono dei capolavori che rammentano la struggente bellezza di Cyprus Avenue o Madame George, lo stesso Van è poi assai orgoglioso di questo suo lavoro, tanto che, intervistato da un giornalista inglese sul finire del '74, su quali lui considerasse fossero i migliori dischi di ogni tempo risponde: 1) The Best Of Ray Charles, 2) Ancient Music From European Age (musica medioevale), 3) Astral Weeks, 4) Shakey Blues di Shakey Jake, 5) Veedom Fleece. Presunzione! no, piouttosto coscienza dei propri mezzi, autoconvinzione di operare nel modo giusto, di essere uno degli autori più importanti dell'era rock.

D'altronte dobbiamo considerare il fatto che Morrison non è propriamente un rock fan, non è un acquirente di dischi rock, ma un ricercatore, sulla linea di artisti come Cooder o Bromberg: va a risentorsi vecchi dischi, di jazz in particolare, pur non disdegnando, talvolta, di ascoltare anche prodotti di autori a lui contemporanei: infatti in una delle sue poche confidenze aveva detto che gli piacevano molto
Burnt Weeny Sandwich di Zappa,, per quella seconda splendida facciata jazzata e un paio di brani di Low Spark Of High Heeled Boys dei Traffic. Inoltre, sempre in confidenza, dice che la sua migliore canzone in assoluto è Madame George, il masterpiece di Astral Weeks, seguita a distanza da songs come Moondance (la devo rincidere, non mi piace più la versione su disco), Caravan, Bulbs, etc.

La critica accoglie bene
Veedom Fleece, ma non il pubblico, infatti le vendite sono fallimentari, e questo crea insicurezza nella mente di Morrison.

Cominciamo, con il '75, gli anni della crisi e dei ripensamenti, gli anni in cui il nostro si ferma, non smette di incidere, ma non pubblica nessuno dei suoi lavori, non essendo convinto nè del risultato nè delle sue composizioni. Sono anni amari, in cui i rapporti con l'etichetta si fanno difficili, la critica, inglese in particolare, lo sbeffeggia, lo ridicolizza, sia sui suoi passati lavori, sia nelle sue rare performances dal vivo.
Un album, inciso nel dicembre '74, in Olanda, intitolato
Mechanical Bliss, era già pronto per essere pubblicato nel marzo dell'anno seguente ma l'autore, incerto, ne ferma la pubblicazione, quando un 45 giri, Mechanical Bliss appunto era già stato pubblicato, ed un lungo brano, This Is Not The Twilight Zone aveva già avuto un consistente airplay nella radio stations americane.

Lo stesso accade a
Dream Theory, un titolo illusorio, altro album inciso ma non pubblicato, che Van registra con i Crusaders, una delle migliori formazioni di jazz rock.

Durante questi tre anni di stasi l'irlandese fa delle sessions, ed in una di queste conosce Dr. John, con il quale concepisce e costruisce l'album del suo ritorno.

Il rhythm and blues, il funky e certo jazz sono sempre stati gli amori basilari di Morrison: ad esempio pochi sanno che il nostro ama moltissimo Mose Allison, un pianista californiano, depositario di uno stile blues/jazz molto scolastico, ma assai efficace. Proprio da Allison Van ha preso molto del suo stile originario, la stringatezza delle composizioni, la tenue vena jazzata, il modo di inserire la voce attraverso brevi e ritmate frasi musicali. Allison a parte
A Period Of Transition vede la luce nell'ottobre del '77, ed il disco, breve prima di tutto, quindi molto funky ed rhythm and blues, risulta piuttosto deludente. Ho sempre cercato di salvare e di capire quest'opera decisamente minore dell'irlandese, ma, sentita oggi, mi sembra ancora meno valida di quando era stata pubblicata. Morrison sembra mancare assolutamente di ispirazione, ed il suo disco ne risente pesantemente, malgrado la classe sia sempre grande e la voce ineguagliabile.

Nel maggio '78 viene pubblicato il triplo album tributo della Band,
The Last Waltz, in cui Van appare, in forma smagliante con due stupendi brani, Caravan e l'inedita Tura Lura Lural: sia il film (diretto da Scorsese), che la performance vitale ci fanno ritrovare un musicista nuovo, nuovamente conscio del suo valore e della sua classe.

La Warner punta molto sulla ritrovata vena del suo pupillo e tenta un rilancio in grande stile:
Van Morrison Live At The Roxy è un promo album dal vivo, che l'etichetta regala alle stazioni radio americane, per promuovere l'uscita di Wavelenght.

Wavelenght vede la luce nell'ottobre '78, ed è considerato da molti l'album della rinascita di Van Morrison. E' un disco commerciale, ben fatto, ottimamente strutturato, ma ancora privo secondo il mio parere, dei dettami classici del genio morrisoniano, anche se brani come Venice Usa e la lunga Take It Where You Find It ci danno un Morrison che non sentivamo da quattro anni, e l'epica Kingdon Hall è un perfetto trainer per un lavoro, tutto sommato, positivo.

Wavelenght ha comunque buon successo di pubblico, e la critica americana ridà all'irlandese una posizione più consona al suo reale valore.

Tornato all'apice della sua creatività l'irish cowboy riprende a scrivere ed a incidere con rinnovato entusiasmo: a cavallo tra il '78 ed il '79 incide vari demos, a Mill Valley, con il fido David Hayes, Ronnie Montrose, Terry Dolan ed altri musicisti della bay area.
Il nastro non viene pubblicato, ma le "white summer session" co mostrano un Morrison decisamente aggressivo, molto rockeggiate, vicino a certi limiti musicali che non avweva mai sfiorato in passato.

Sommessamente, verso la fine di agosto del '79, esce
Into The Music, che, ad un continuo ascolto, posso facilmente considerare il miglior lavoro del musicista dal '74 ad oggi. Into The Music è un'opera densa, musicale, geniale, con delle composizioni classiche, con delle invenzioni, con un Morrison decisamente e completamente rinnovato: è un nuovo fantastico cult album.

La fede religiosa ritrovata, che si rispecchia attraverso i testi mistici, il suo amore per l'Irlanda (
Rolling Hills), la lunga ed inimitabile And The Healing Has Begun e l'omaggio all'eterno amore rhythm and blues con la splendida riedizione del classico di Tommy Edwards It's All In The Game, fanno di questo album una pietra miliare nella storia di Morrison musicista.

Gli anni ottanta si aprono con un nuovo capitolo:
Common One. Un album difficile, jazzato, denso di riferimenti letterari, che giunge dopo tredici anni, a completare la logica trilogia iniziata con Astral Weeks e continuata con Veedeom Fleece. Difficle e ostico nella sua struttura sonora Common One si articola su sei brani, di cui due lunghissimi: è un'opera destinata a crescere nel tempo, è un lavoro interiore, meditato e costruito attraverso un lungo studio di creazione e di lettura musicale. Common One è quasi un capolavoro, gli manca solo un po' di comunicativa, un pizzico di facilità, ma è comunque il risultato di un artista sempre in movimento, sempre pronto a ricercare ed a reinventare, cosa oggi sempre meno comune nell'ambito della musica rock.

Paolo Carù da Buscadero n° 14 marzo 1982


- Astral Weeks
(1968) Charter Line ctr 26004 - vinile

1. Astral Weeks 7.00 - 2. Beside You 5.10 - 3. Sweet Thing 4.10 - 4. Cyprus Avenue 6.50 - 5. The Way Young Lovers Do 3.10 - 6. Madame George 9.25 - 7. Ballerina 7.00 - 8. Slim Slow Slider 3.20

Musicians:
Van Morrison, Connei Key, John Payne, Joy Berlinger, Richard Davis, Warren Smith Jr.

Produced by Lewis Morenstein

Stupirà pochi lettori la presenza di questo album nella nostra selezione; in qualsiasi classifica che si rispetti le "settimane astrali" di George Ivan hanno sempre trovato spazio e positive critiche.
La registrazione eseguita, come la leggenda ricorda, in presa diretta in un tempo record di otto ore, è ancora oggi enconiabile per la bravura dei musicisti e per la calda atmosfera che tutti i brani emanano.
Nel 1986 Van, come ben sanno i nostri lettori, dopo il successo europeo con i Them e il primo raffazzonato album edito dalla Bang di Bert Berns giunge alla più importante label americana. Il giovane musicista abbandona i panni del "three minutes composer" nei quali aveva già dato prova della sua bravura e dai quali aveva ricevuto la meritata "Gloria", per creare una serie di bellissime composizioni completamente al di fuori dai canoni allora vigenti.
L'album per questi motivi non rappresentò un successo di vendita ma per gli stessi motivi è ancor oggi un'opera importante nella giovane storia del rock. Dalla signorina Gloria a
Madame Giorge dalla adolescenza alla maturità si attua la prima ascesa artistica del musicista irlandese, a cui seguirà, subito dopo, la notturna "Danza della luna".
Gianni Galli da Buscadero n° 100 febbraio 1990

- Inarticulate Speech Of The Heart
(1983) Mercury 811 140 - vinile

1. Highter Than The World 3.42 - 2. Connwater 4.09 - 3. River Of Time 3.02 - 4. Celtic Song 5.03 - 5. Rave On. John Donne 5.12 - 6. Inarticulate Speech Of The Heart 4.53 - 7. Irish Heartbeat 4.40 - 8. The Street Only Knew Your Name 3.36 - 9. Cry For Home 3.44 - 10. Inarticulate Speech Of The Heart II 3.53 - 11. September Night 5.16

Musicians:
Van Morrison,
Mark Isham, Chris Michie, David Hayes, Peter Van Hooke, Pee Wee Ellis, Tom Donlinger, John Allair, Arty McGlynn, Dave Spillane

Produced by Van Morrison


Sul finire degli anni '70, quando il presentimento delle "settimane astrali" si segna realtà, si ha l'impressione che Van Morrison abbia scritto, per il passato e per il futuro, un'opera, sintesi dell'universo interiore deformato e recondito che anima la sua natura febbricitante.
Astral Weeks è il respiro della fantasia, sfuggevole e conturbante, libero di stupire per la facile e difficile elusività dei contorni. La porta dell'immaginazione si è aperta all'abbraccio della notte e la musica, nostalgica di un'ansia futura, scorre luminosa e profonda. La grandezza del Van Morrison artista superiore è già un dato definitivo; l'energia di trasformazione, la sua forza di far rinascere la musica come da una sorgente vergine, lasciano intravvedere l'essenza di uno spirito che si compenetra inequivocabilmente alla musica, alla vibrazione del suono e dell'animo. La musica è come una glabra creatura che può vivere, morire e rinascere, e Van Morrison con lei camminare, scendere al fondo del buio, risalire verso la luce ed elevarsi al di sopra delle forme e dei modelli.
Capito questo, di Morrison e della sua espressività, tutto si chiarisce e poco importa che sia l'urlo lacerato di
T.B. Sheets, il soul od il rhythm'n blues a pulsare caloroso, il misticismo estatico di Beautiful Vision a suggerire un alito di imbarazzo, la terra ad avvolgere il figlio tra le braccia.
Nulla conta più della musica, di quella voce interiore che trova vita e espressione nello strumento, nella vocalità unica, nel candore di un'intimità libera di sgorgare, vagare, esplorare i grandi spazi dell'anima e della mente.
E questi "moti inarticolati del cuore" ancora una volta allargano l'orizzonte di una inclinazione antica e rinnovata, toccano la verità di una rinascita spirituale, il fascino misterioso di un lirismo traboccante. Che sia la sola musica turbata d'immensa suggestione, o la voce calma e controllata dimentica delle lacerazioni di un tempo, è poco importante, quel che appare imprescindibile e fortemente persuasivo è lo spettacolo di un'ispirazione gioiosa e sofferta che si rigenera nell'esperienza del vivere la speranza, la fatica, l'amore, il dolore.
In tutto questo non c'è novità o continuità, perchè i valori di tempo e di spazio sembrano trasfigurarsi come quei fremiti di vileann pipes che affiorano nella foschia della commozione per andare lontano, là dove il cuore può ancora suggerire un barlume di smarrimento ed un presentimento farsi realtà.
Inarticulate Speech Of The Heart, forse, null'altro che un gran disco.
Ugo Bacci da Rockerilla n° 34 maggio 1983

- Poetic Champions Compose
(1987) Mercury 832 585 - vinile

1. Spanish Steps 5.22 - 2. The Mystery 5.16 - 3. Queen Of The Slipstream 4.55 - 4. I Forgot That Love Existed 4.18 - 5. Sometimes I Feel Like A Motherless Child 4.20 - 6. Celtic Excavation 3.17 - 7. Someone Like You 4.05 - 8. Alan Watts Blues 4.24 - 9. Give Me My Rapture 3.45 - 10. Did Ye Get Healed? 4.06 - 11. Allow Me 3.55

Musicians:
Van Morrison, Neil Drinkwater, Steve Pearce, Roy Jones, Martin Drover, Mick Cox

Produced by Van Morrison
Recorded at the Townhouse Studios, London and The Wool Hall Beckington
Engineering by Mick Glossop
Cover photo by Steve Rapport

Van Morrison ha gridato la sua rabbia ai tempi dei Them, scritto Astral Weeks nel '68, ringraziato Ron Hubbard - il padre della Scientologia - sulla copertina di Inarticulate Speech Of The Heart nell'83, e dichiarato la sua indipendenza mentale e ideologica nell'album No Guru, No Method, No Teacher. E' un celta mistico e inquieto che appartiene a buon diritto all'ala colta del rock.
Van Morrison sa di poesia, musica e letteratura; il folk celtico resta al fondo della sua cultura, le musiche nere, il blues, il soul e il jazz, ha imparato a conoscerle penetrandone il dolore. Ha imparato anche a dominare le interperanze del Rhythm & blues e dei fiati, addomesticandoli ad una velocità lacerata e imperiosa. Ogni anno licenzia un disco per sè e per chi sa perdersi nel segreto della sua musica; da qualche tempo senza entusiasmare forse, ma con classe e la consapevolezza di essersi ritagliato un posto a parte nello scaffale del cantautorato internazionale. Le sue innate doti di antidivo, il fascino profondo di una voce squisitamente umorale, il suo modo d'intendere la musica, hanno valso al rock alcuni momenti davvero imperdibili. Diversamente da Jagger o Paul McCartney, Van Morrison non ha bevuto elisir di lunga giovinezza e porta su di sè i segni di una vita non facile, con fierezza e determinazione, senza l'intenzione di nascondere le ferite dell'animo. A dispetto del suo aspetto goffo e dimesso, Morrison è in grado di scuotere fortemente il sentimento di chi l'ascolta, vuoi per quella voce conturbante, vuoi per l'insinuante umanità della sua musica.
Saremmo tentati a questo punto di definire
Poetic Champions Compose un album "solito", legato al filo dell'ultima produzione mistico-ancestrale di Morrison, ma un ascolto attento impedisce di liquidare la questione in tal modo. E' vero che l'album non aggiunge che poco a quel che già si conosce dell'artista irlandese, ma è altrettanto vero che nelle pieghe di Poetic Champions Compose si rintracciano segnali probanti di un'ispirazione ancora viva e turbata.
Tra utopie romantico-religiose, riferimenti colti e ondeggianti di soul celtico, Van Morrison dispiega il suo universo interiore e apre al jazz con sobria compostezza. Lo discono apertamente
Spanish Steps e Allow Me, due ballads jazzy appena sonnolenti; anche se a tutto preferiamo la cover di Sometimes I Feel Like a Motherless Child, un traditional che Van Morrison ha trasformato in un commovente e lacerato lamento.
Ugo Bacci da Rockerilla n° 86 ottobre 1987

- Veedon Fleece
(1974) Polydor 839 164 - cd

1. Fair Play 6.12 - 2. Linden Arden Stole The Highlights 2.36 - 3. Who Was That Masked Man 2.42 - 4. Streets Of Arklow 4.32 - 5. You Don't Pull No Punches But You Don'y Push The River 8.48 - 6. Bulbs 4.15 - 7. Cul De Sac 5.42 - 8. Confort You 4.21 - 9. Come Her My Love 2.18 - 10. Country Fair 5.35

Musicians:
Van Morrison, Ralph Walsh, John Tropea, David Hayes, Joe Macho, Dahaud Shaar, Allen Swartzburg, Jim Rothermel, Jack Schroer, Jeff Labels, James Trumbo

Produced by Van Morrison
Recorded at Caledonia Studios, California and Mercury Studios, New York
Engineering by Jim Stern, Dahaud & Jean Shaar, Elvin Campbell
Cover photo by Tom Collins

Quando mi è venuto in mente di riproporre Veedon Fleece ho pensato subito che questa idea voleva esse un omaggio all'Irlanda, prima ancora che all'autore di un disco così bello. Per divertimento, ho voluto cercare fra i miei libri un filo conduttore che mi spiegasse una volta ancora perchè questa terra lascia negli animi di chi la visita un delizioso senso di serenità. Perchè, quando siamo là, anche le piccole cose ci sembrano uniche e meravigliose. E, sopratutto, perchè gli artisti avvertino sempre forte il desiderio di raccontare quello che hanno visto e vissuto. Capire queste cose può aiutare ad apprezzare ancora di più il disco di Van Morrison. Nel suo libro dedicato all'irascibile irlandese (1987 Gammalibri), Guido Giazzi scriveva: "Veedon Fleece...è il documento sonoro di un viaggio interiore, forse l'album più autobiografico del musicista, che inserisce nei solchi le sue sensazioni e i suoi ricordi...uno straordinario ritratto ad acquarello dell'Irlanda".
Un secondo e conseguente riferimento letterario mi è venuto dallo scrittore tedesco Heirich Boll, autore del "Diario d'Irlanda (l'ultima edizione è negli Oscar Mondadori, numero 2097). Nella prefazione di questo splendido volume, Italo Alighiero Chiusano scriveva "...un pezzo di letteratura, ma vorrei dire quasi di musica, che sa davvero di vacanze, di respiro ossigenante, di sogno o di favola".
Neanche sforzandomi potrei trovare analogie fra Morrison e Boll. L'arte e il sentimento che la genera, invece, li unisce, come la casualità che li ha visti entrambi, anche se in epoche differenti, ma per motivi simili, a spasso per l'Irlanda. Da questi due viaggi sono nati un grande disco e un grande libro, due raccolte di sentimenti e di poesia.
Il ritorno musicale di Van Morrison nella sua Irlanda inizia nei profumi e nella pace interiore di
Fair Play, uno stato d'animo che si respira in tutto il brano, nella dolcezza e, insieme, nella forza dei rintocchi pianistici, nel lavoro cesellato e incessante delle chitarre. Fair Play è una parabola descrittiva che racchiude tanti temi musicali cari al suo autore. Con Linden Arden Stole The Highlights, dove il pianoforte è sempre in grande evidenza, Van Morrison ci porta davvero lontano, la melodia vola alta nel cielo, accarezzando il verde e sacro mantello del Belbulben per poi svanire fra le nuvole irrequiete. La poesia prosegue in Who Was That Masked Man: insieme al brano precedente, poco più di cinque minuti di musica immortale. Delle Streets Of Arklow, la bella cittadina un poco a sud di Dublino, anch'essa affacciata sul mare ho anch'io un bellissimo ricordo. Questa musica che la racconta ne conserva i colori e anche la tiepida allegria. You Don't Pull No Punches, But You Don't Push The River si muove a lungo su un navigato mare di suoni e di parole, con il suo ritmo ossessivo, con il canto aggressivo di Morrison ed i suoi timbri così particolari. Cul De Sac è un segno di pace, è il sentirsi dinuovo a casa, è il Van Morrison che ammiro di più, quello che veste i panni del narratore e che affascina con le sue storie, con la sua voglia di gridare i suoi pensieri al mondo. E quando la soffice dolcezza del paesaggio ammorbidisce il suo cuore nasce Comfort You, dove Morrison dà retta ai consigli delle fate e accompagna le note ad ascoltare l'oceano che si nasconde nella fredda sabbia nella baia di Dingle. Come Her My Love, magari vicino a un semplice fuoco di torba, in una casa dalle pareti con il colore del cielo, dove un vaso d'erica e un pizzo ricamato sono l'unico orpello di una terra povera. Country Fair è una canzone davvero intrisa d'Irlanda, l'emozione rallentata di tante melodie che si ripetono e si rinnovano nel tempo e nella tradizione. E' il brano che chiude il trittico della pace sognata e ritrovata, un motivo che mi piace pensare contenga secoli di gioia, di tristezza e di speranza. Perchè nei paesi d'Irlanda si respira ovunque il desiderio della speranza, tante volte anche la malinconia della rassegnazione, sempre il sentimento dell'amore per questa terra.
Di "quell'Irlanda" di cui ci hanno raccontato i grandi scrittori e i poeti, oppure i musici, con le loro note piene di pioggia come i campi e i sentieri, come gli alberi e come il cielo. Tanti anni dopo
Veedon Fleece, Van Morrison tornerà a casa per accarezzare i mattoni di Hyndford Steet, tornerà a cercare i suoi ricordi e il suo passato nella musica che li ha tenuti in vita.
Roberto Anghinoni da Buscadero n° 147 maggio 1994