Penguin Cafè Orchestra



album in pagina

- Music From The Penguin Cafè
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Penguin Cafè Orchestra
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Broadcasting From Home




La cosa più conturbante, e nello stesso tempo significante, è che la Penguin Cafè Orchestra nasce da una poesia sognata su una spiaggia della Francia del sud nel 1972. Protagonista dell'attività onirica in questione, e fondatore della band così singolarmente ispirata, fu un signore nato nel Sussex nel 1949 e rispondente al nome di Simon Jeffes.

Trasferitosi alla nascita con la famiglia in Canada, Jeffes farà ritorno in Inghilterra all'età di tredici anni, dove inizierà a studiare chitarra classica. Studi approfonditi con la successiva iscrizione al conservatorio - dove si erudirà in composizione musicale - ma comunque studi affrontati controvoglia, visto che la sua passione dichiarata di allora è il rock'n'roll.

Jeffes seguirà i Beatles e tutta la scena rock degli anni sessanta, passerà poi all'avanguardia, all'elettronica, alla musica concreta, mentre all'interno delle mura del conservatorio imparerà a conoscere ed amare le successioni armoniche di Bach e a metterle in relazione con quelle dei minimals Steve Reich e Philip Glass. La musica etnica africana, irlandese, caraibica e sudamericana completeranno la sua formazione musicale, tenuta sempre distante dalle produzioni più smaccatamente influenzate dall'industria musicale così come dall'avanguardia colta - per Jeffes facce della stessa medaglia.

Quando riuscì a concretizzare il suo universo sonoro nella Penguin Cafè Orchestra, oltre a seguire (letteralmente) un sogno, Simon Jeffes realizzarà uno degli ensamble musicali più originali dei nostri tempi; la materializzazione di uno stato mentale, di un particolare sentire più che un semplice agire nel mondo delle note.

Similmente alla dimensione onirica, la musica che si suona nel "caffè dei pinguini" non è mai stata omologata a questa realtà delle cose; essa si è sempre riferita ad un altrove di cui si possono forse avere vaghe coordinate temporali e di luogo, ma più supposte che davvero provate. Un'ideale caffetteria situata in qualche colonia europea di inizio secolo, dove risuonano note da conservatorio trasposte in melodie popolari.

Ma al di là della semplice iconografia, la musica della Penguin Cafè Orchestra, seppur accortamente distillata in appena 8-9 album in più di vent'anni, ha in sè caratteristiche davvero originali e innovative, e non perchè sconquassi regole e concetti precostituiti o porga all'orecchio l'assolutamente mai udito.

Quella di Simon Jeffes è una rivoluzione gentile e sommessa: mentre porge soluzioni sonore inedite - per il contesto nel quale nascono - vellica l'apparato auricolare con arie e melodie deliziose e in fondo conosciute, anche se più per memoria genetica che per ascolto diretto. L'impianto è chiaro negli episodi, peraltro assai rari, dove sono presenti giri armonici di derivazione rock'n'roll, snaturati attraverso il matrimonio con violini e violoncelli dal suono barocco. Sopratutto - lungo l'arco di un'epoca che vede susseguirsi la new wave, il punk, gli sviluppi del minimalismo, la world music, la trance-ambient, le neo-avanguardie accademiche - il tratto più eversivo dell'orchestra del Penguin Cafè Orchestra è quello di riportare l'orecchio a gustare il puro e squisito senso del piacere.

Music From The Penguin Cafè, il primo album, viene pubblicato nel 1976 per la collana Obscure, voluta da Brian Eno come sorta di laboratorio di ricerca all'intenro dell'industria discografica, ed è biglietto da visita anche troppo serioso e sostanzioso. Le composizioni presenti, anche molto lunghe, sono eseguite fondalmentalmente da un quartetto di due archi, chitarra e piano elettrico in sostanziale improvvisazione, con l'aggiunta di coloriture elettroniche e speziature etniche e barocche. L'iniziale Penguin Cafè Single è quanto di più deliziosamente ammiccante mai composto da Jeffes, mentre le note del resto dell'album si raggruppano spesso in miasmi miseriosi, in bilico tra veglia e sonno; qualcosa che sembra sempre introdurre, rimandare alla sostanza vera e propria della materia musicale, che è invece di continuo lì ben presente, ma che ci sfugge perchè disabituati - o mai abituati - a trattare con tale evanescente filigrana sonora.

Se questo primo album era frutto di sedute di registrazione improvvisate nei luoghi e con i mezzi tecnici più disparati, il successivo
Penguin Cafè Orchestra viene realizzato nell'arco temporale di quattro anni nello studio di registrazione approntato intanto da Jeffes - e pieno, neanche a dirlo, di oggetti a forma di pinguino, dai posacenere alla testa che ne sovrasta l'ingresso.

Viene qui raggiunta da Simon Jeffes la cifra stilistica definitiva della sua arte musicale: brevi composizioni abbastanza definite, anche se più simili a inebrianti aromi che a esecuzioni di partiture scritte; niente più di oscuro ma un senso di fanciulesca stupefazione e di assoluta beatitudine, una ricerca continua di ariosa leggiadria. Tutti stilemi conservati nei successivi, radi, album in studio: bocconi golosi da assaporare con attenzione e tranquillità per gustarne appieno l'intima frgranza. Un sapore vero, comunque, lontano assai dalle mollezze plastificate targate new age (cui spesso è stato improvvidamente accostato), più facilmente godibile di tutte le contemporanee avanguardie - sempre in lite, apparente o dichiarata, con l'immediatezza della fruibilità - assai più vario di tanta musica folk o addirittura pop.

Broadcasting From Home arriva nel 1984, vede una comparsa di Ryuichi Sakamoto ed è forse il lavoro appena più perfetto stilisticamente; Signs Of Life è del 1987, mentre Union Cafè del 1993. Tutte opere equipollenti, tutte rigorosamente strumentali - perchè l'uso delle parole è troppo complesso, implica troppe controversie, concetti, discussioni - dove tra tanta omogenea diveristà si possono estrapolare forse un giusto un paio di brani particolari: Telephone And Rubber Band, sul secondo lavoro, dove una sezione di archi volteggia genialmente sul loop di un segnale telefonico delle linee inglesi usato in senso ritmico, e gli undici minuti di Wildlife, che chiudono Signs Of Life, dall'impronta chiaramente ambient.

L'album
When In Rome del 1988 è invece registrato dal vivo al Royal Festival Hall, ma la dimensione concertistica, più irruenta ma anche più imprecisa rispetto a quella in studio, non giova troppo, almeno sul supporto sonoro, al cesellato equilibrio delle alchimie di Simon Jeffes. Che comunque ripeterà l'esperimento sul doppio album Concert Program del 1995, registrato dal vivo ma in uno studio di registrazione. Qui il risultato è decisamente più interessante, perchè gli strumenti imbastiscono orchestrazioni con accentature diverse rispetto alle composizioni originali, riuscendo spesso a trasportarle in nuove dimensioni.

Concert Program è anche la ripetizione del tentativo operato nel disco, e relativo video, Still Life At The Penguin Cafè uscito nel 1990, di riarrangiare le tenui composizioni di Jeffes per l'orchestra della BBC, che effettivamente riesce a metterle sotto una luce diversa, ma tutto sommato più scontata di quella originaria. Quello che l'orchestra del Penguin Cafè lasciava appena intravvedere e a malapena suggeriva, qui è mostrato senza indugi con relativa perdita di misterioso fascino.

L'opera di questo signore e musicista dall'animo sicuramente gentile è tutta qui, probabilmente non se ne avranno altri episodi, dato che una rara forma di tumore al cervello se lo è portato via lo scorso 11 dicembre, dopo avergli impedito negli ultimi tempi di continuare il suo lavoro.

Quasi nessuno, sui mezzi d'informazione, si è degnato di segnalare la notizia; ma la cosa non ci stupisce, visto che in questo mondo dominato dal materiale, chi è uso colloquiare con lo spirito non può sperare di ricevere vera attenzione - e forse neanche la cerca.

A noi piace pensare che "il re dei pinguini" non sia più tra noi perchè è riuscito a trovare il passaggio per raggiungere Alice nel Paese delle Meraviglie; lì in compagnia del bruco col narghilè e del cappellaio matto avrà sicuramente convinto gli armigeri-carte da gioco a lasciare le alabarde per suonare le sue musiche, per piacere, una volta per tutte, l'irata regina di quei posti.

Antonello Antonelli da World Music n° 30 febbraio 1998


 

- Music From The Penguin Cafè
(1976) Virgin eegcd 27 - cd

1. Penguin Cafè Single 6.15
2.
Zopf
a) From The Colonies 1.38 - b) In A Sidney Motel 2.28 - c) Surface Tension 2.22 - d) Milk 2.22 - e) Coronation 1.32 - f) Giles Farnaby's Dream 2.19 - g) Pigtail 2.44
3.
The Sound Of Someone You Love Who's Going Away And It Doesn't Matter 11.46 - 4. Hugebaby 4.48 - 5. Chartered Flight 6.41

Musicians:
Simon Jeffes, Helen Liebman, Gavin Wright, Neil Rennie, Emily Young, Steve Nye

Produced by Simon Jeffes and Steve Nye
Recorded at between 1974-1976
Cover by Emily Young

- Penguin Cafè Orchestra
(1981) Virgin eegcd 11 - cd

1. Air A Danser 4.30 - 2. Yodel 1 4.07 - 3. Telephone And Rubber Band 2.28 - 4. Cutting Branches For A Temporary Shelter 3.09 - 5. Pythagora's Trousers 3.18 - 6. Numbers 1-4 6.57 - 7. Yodel 2 4.34 - 8. Salty Bean Fumble 2.11 - 9. Paul's Dance 1.45 - 10. The Ecstasy Of Dancing Fleas 4.01 - 11. Walk Don't Run 3.01 - 12. Flux 1.48 - 13. Simon's Dream 1.48 - 14. Harmonic Necklace 1.12 - 15. Steady State 3.36

Musicians:
Simon Jeffes, Geoffrey Richardson, Peter Veitch, Steve Nye, Braco, Giles Leaman, Gavin Wright, Helen Liebman, Julio Segovia, Neil Ronnie

Produced by Simon Jeffes
Recorded at The Penguin Cafè between 1977-1980
Cover by Emily Young

- Broadcasting From Home
(1984) Eg eged 38 - vinile

1. Music For A Found Harmonium 3.34 - 2. Prelude And Yodel 3.51 - 3. More Milk 3.05 - 4. Sheep Dip 3.09 - 5. White Mischief 5.48 - 6. In The Back Of A Taxi 3.21 - 7. Music By Numbers 4.40 - 8. Another One From The Colonies 3.04 - 9. Air 4.20 - 10. Heartwind 4.10 - 11. Isle Of View (music for helicopter pilots) 4.29 - 12. Now Nothing 2.58

Musicians:
Simon Jeffes, Geoffrey Richardson, Steve Nye, Helen Liebman, Gavin Wright, Neil Rennie, Kuma Harada, Marcus Beale, Trevor Morais, Fami, Mike Giles, Dave Defries, Annie Whitehead,
Ryuichi Sakamoto

Produced by Simon Jeffes
Recorded at Penguin Cafè between 1982-1984
Engineering by Ian Morais
Cover by Emily Young

Broadcasting From Home raccoglie il materiale che Simon Jeffes ha scritto negli ultimi due/tre anni, all'indomani cioè del secondo 'Lp Penguin Cafè Orchestra. Fra questo e quello ci sono state numerose visite in Giappone, poese dove il gruppo è straordinariamente popolare (ve n'è traccia sul mini-album dello scorso anno); e il tentativo di organizzare il gruppo su basi più solide, se non proprio in pianta stabile, cosa che non sapremmo dire se riuscita.
I dodici brani nuovi di
Broadcasting From Home ribadiscono il gusto morbido, l'educato slancio di ballo dell'ultimo repertorio di Jeffes. Il primo album era qualcosa di diverso, con le sue vaghe atmosfere evocative, con la trama musicale che sfuggiva a qualsiasi catalogazione se non fosse quella sola, improbabile, di musica appunto da "caffè". Negli ultimi dischi Jeffes ha condotto l'Orchestra su più precisi tracciati di musica folkloristica; non ha però rinunciato a cucire tutto, arie e cadenze di musica popolare, alla sua paradossale maniera, con il garbo, il tocco lieve, la punta fine degli strumenti che distinguono incofondibilmente il suo stile.
Ai "pinguofili" piacerà qualche spiegazione sui nomi e le varie musiche del disco. Il titolo, innanzitutto, deriva da un sogno di Jaffes; da una casa su una montagna, questa l'immagine onirica, la musica si trasmetteva al mondo intero.
Music For A Found Harmonium, nome del primo pezzo, va inteso letteralmente; l'harmonium di cui si parla, e che si ascolta, è stato realmente trovato per strada, nel corso di un soccorso giapponese. Quanto a Music By Numbers i numeri son quelli dell'elettronica; Jeffes ricorre infatti auna drum machine con la mano discreta e l'aria soavemente ironica che già era stata di Telephone And The Rubber Band sul disco precedente. Infine Another One From The Colonies si collega direttamente a un pezzo famoso del primo disco, From The Colonies, esplicita confessione di epoche ed esotismi lontani nel cui soffice umore l'Orchestra è da sempre immersa.
Riccardo Bertoncelli da Rockerilla n° 50 ottobre 1984