Arvo Part



- Orient and Occident
-
Litany
- Berliner Messe



Estonia. Una terra in bilico tra Oriente e Occidente. Un paese che, raggiunta l'indipendenza dopo ottocento anni di occupazione, riuscì a mantenerla solo pochi anni, per poi ricadere sotto il dominio dello straniero, nazista prima, russo poi. Un contesto non proprio ottimale, dunque, per lo sviluppo di un'arte libera da condizionamenti politici: isolato, periferico, rispetto al cuore delle avanguardie europee. Eppure l'Estonia sarà ricordata per aver dato i natali ad uno dei più grandi e conosciuti compositori del Novecento, secondo per fama, tra i compositori sovietici, soltanto a Dimitri Shostakovich.

Quella di Arvo Part e della sua musica è una storia che cammina a ritroso rispetto alla linearità unidirezionale del progressismo avanguardista. Esattamente al contrario di Schoemberg e Webern, veri e propri teorici del percorso inarrestabile di dissoluzione della tonalità, Part, pur partendo dagli stessi punti di riferimento, ritorna ad abbandonare il linguaggio tonale solo dopo averlo attraversato per intero. Al contrario. Da Luigi Nono al canto gregoriano, passando per il perno di tutta la tradizione musicale occidentale: Johann Sebastian Bach.

Arvo Part nasce a Paide, cittadina un po' isolata all'interno del territorio estone e, nonostante la sua personalità artistica libera, poco propensa ad accettare le ottusità dei regimi, vi rimane per buona parte della sua vita, scegliendo la strada più difficile per affermarsi.

La sua prima educazione musicale è legata in maniera indelebile al nome di Heino Eller (1887-1970), suo primo maestro al conservatorio di Tallin e figura di riferimento per molti compositori estoni della sua generazione. Un insegnante, Eller, che lasciava molto spazio alla libertà espressiva: <<Non ti spingeva in nessuna direzione. Ti sosteneva anche quando quello che scriveva non era esattamente vicino al suo credo>> ebbe a dire di lui lo stesso Part. Come per molti compositori suoi coetanei, la fine della seconda guerra mondiale coincide con l'adesione ai precetti della Nuova Musica, che elevava a simbolo della rottura radicale con il passato lo strutturalismo professato ai Corsi Estivi (i celebri Ferienkursen) di Darmstadt dai vari Stockhausen, Boulez, Maderna. Nonostante la grande difficoltà di reperire, in Unione Sovietica, materiale proveniente dall'estero e, in particolare, dal mondo Occidentale, il giovane Arvo, riesce a venire a contatto con le sperimentazioni della "scuola" di Darmstadt. E lo fa sopratutto grazie a Luigi Nono, conosciuto a Tallin e con il quale stringerà una lunga e duratura amicizia.

Una volta apprese le tecniche seriali, però, diventa un bel problema diffonderle in Estonia, dove Part continua a vivere. Il suo atto pioneristico deve fare i conti con il temuto Khrennikov, capo censore di Stalin, sotto le cui forbici sono dovuti passare in tanti, compreso il povero Shostakovich, umiliato nel profondo dei suoi sinceri ideali socialisti. Part viene tacciato di "criticismo", che nel linguaggio della nomenclatura culturale sovietica voleva dire "nemico del popolo". Ovverosia, nemico del Partito. Raggirata la minaccia di censura, Part non riesce a sfuggire, però, alla sua crisi di creatività, che lo colpisce alla fine degli anni '60 interrompendo un decennio di attività compositiva. Anni caratterizzati dall'interiorizzazione dei linguaggi delle avanguardie, dal serialismo al puntillismo, e da una serie di lavori sperimentali, tra i quali
Perpetuum Mobile, Diagrams, la Sinfonia n° 1 e Musica Sillabica, opere tutte dedicate a Nono e contraddistinte da una intensità che sfiora più volte il collasso sonoro. Ma proprio quando sembra aver trovato molte affinità con le avanguardie post-weberniane, Part le abbandona, cominciando, già in questi anni, a modellare un suo proprio stile basato sulla estrema semplificazione del linguaggio sonoro. Una strada verso l'essenziale che segue lo stesso percorso del minimalismo, ma arrivando a conclusioni completamente diverse. La sua idea di ridurre ai minimi termini il materiale compositivo ha più relazioni con le prime forme di canto liturgico che con gli esperimenti minimal-ripetitivisti di Reich, Glass e Riley. Definito dallo stesso autore "tintinnabuli" in riferimento onomatopeico al suono delle campane, questo nuovo approccio ricerca nella semplicità dei singoli suoni il senso stesso della musica: <<Lavoro con pochissimi elementi -una voce, due voci. Costruisco con i materiali più primitivi -con l'accordo perfetto, con una specifica tonalità. Tre note di un accordo sono come campane ed è perciò che chiamo questo tintinnabuli>>.

L'interesse per le forme classiche e barocche e la ricerca di un linguaggio che esprimesse un'arte senza fronzoli, essenziale e "primitiva", si possono già cogliere in alcune delle più importanti composizioni di questo primo periodo, dal
Collage Uber B-A-C-H, che gioca con le tonalità partendo dalle lettere che formano il nome del compositore tedesco, a Pro & Contra (per violoncello e orchestra), che accosta stile weberniano a cadenze barocche. Fino ad arrivare al Credo (1968), culmine di questa sua prima fase compositiva e inizio di una crisi che lui stesso attribuirà al timore reverenziale verso le grandi figure del passato. In particolare a quella, per lui irragiungibile, di Johann Sebastian Bach.

Dopo otto anni di quasi completo silenzio (con l'eccezione della
Sinfonia n° 3 del 1971), durante i quali si immerge nello studio del canto gregoriano, gettando lo sguardo alle radici della musica occidentale, Part ritorna a comporre nel 1977. Una vera e propria rinascita all'insegna di uno stile completamente trasformato e di un approccio ascetico sempre più vicino alla spiritualità religiosa. Il nuovo corso è inaugurato da alcune delle opere più emblematiche dello stile "tintinnabuli": Tabula Rasa, Fratres e Cantus In memoriam Benjamin Britten. Partiture divenute famose anche grazie all'etichetta ECM, che ne pubblicò interpretazioni memorabili.

Il culmine di questa fase e, insieme, la conferma che gli interessi di Part si stavano sempre più orientando verso la musica sacra, sono rappresentati dalla
Johannes Passion. Composta tra il '77 e l'82 (anno in cui il compositore si era già trasferito a Berlino), quest'opera apre un ciclo di composizioni (Te Deum, Stabat Mater, Miserere, fino al monumentale Kanon Pokajanen) che lo avvicinerà sempre più alla musica liturgica e che coinciderà, per lui che era luterano, con la sua adesione alla chiesa Cristiana Ortodossa.

Una religiosità che si manifesta attraverso atmosfere calme, ipnotiche, sempre in bilico tra suono e silenzio, ricche di citazioni, reminescenze e di un linguaggio tonale che reinterpreta la modalità della musica antica raggiungendo effetti straordinari. Al di là del suo significato religiooso, la musica di Part, probabilmente proprio grazie a questo suo carattere sognante e ipnotico, ha affascinato anche il mondo del cinema senza che il compositore si dedicasse espressamente alla "settima arte".
Cantus In Memoriam Benjamin Britten è stato utilizzato sia da Leos Carax in "Les Amants Du Pont-Neuf", sia da Michael Moore, che nel recente "Farenheit 9/11" lo ha inserito a commento musicale alle Torri Gemelle. Spiegel Im Spiegel è stato utilizzato da Mike Nichols (Wit, 2001), Gus Van Sant (che nel suo "Gerry" inserì anche Fur Alina) e nel documentario sul mountain climbing "Touching The Void". Tutte scelte che sottolineano l'adattabilità della musica di Part a fare da sfondo in situazioni tanto diverse.

Testimone del passaggio di millennio, Part è uno dei pochi "grandi" compositori del Novecento ancora attivi, come dimostrano le recenti dediche alla memoria del presidente estone Lennart Meri (
For Lennart) e di Anna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata, neanche tanto misteriosamente, in patria, cui ha dedicato tutte le sue composizioni del biennio 2006-2007.

<<Potrei paragonare la mia musica alla luce bianca, che contiene tutti i colori. Solo un prisma può dividere tutti i colori e farli apparire; questo prisma potrebbe essere lo spirito dell'ascoltatore>> (Arvo Part).

Quando, in piena epoca di riproducibilità, una esecuzione viene presentata come "prima assoluta", fa ancora un certo effetto. Se questa esecuzione viene associata ad una delle più grandi figure del Novecento musicale, si trasforma in evento. Se questo evento è addirittura gratuito ecco spiegato il motivo per cui la sera del 28 gennaio decine di persone aspettavano, sopportando temperature sotto lo zero, che si aprissero i portoni della Chiesa di San Petronio e, il giorno successivo, quelli della bellissima Aula Absidale di Santa Lucia.

Due luoghi importanti e simbolici per la città di Bologna, nei quali il capoluogo emiliano ha voluto rendere omaggio, nel bel mezzo di un altro appuntamento artistico cittadino molto rinomato come Arte Fiera, ad Arvo Part. La splendida Cappella dei Notai in San Petronio, appena restaurata, si è trasformata, per una notte, nella cornice ideale per presentare l'inedita revisione della
Missa Syllabica del compositore, tornato vent'anni dopo a omaggiare la chiesa falsinea di una propria opera. Sia in questa occasione che durante il concerto del giorno successivo (entrambi organizzati dal Centro della Voce, nato sotto l'egida dell'Università di Bologna), Part si è seduto tra il pubblico e ha lasciato parlare la sua musica attraverso il Theater of Voices, un eccezionale ensemble diretto da Paul Hillier, che proprio in quei giorni riceveva il Grammy Award come "migliore performance d'ensemble di piccole dimensioni". L'ascetismo della musica di Part trova nel massiccio riverbero che offre l'architettura di San Petronio, il luogo ideale per il suo stile "tintinnabuli", espresso qui nella sua dimensione più religiosa con la Missa, il luogo Stabat Mater e il Wallfahrtslied. Un ascolto che si fa meditazione e immobilizza il pubblico, nonostante ci fosse un freddo da far tremare le gambe.

Molto diversa (e più calda) l'atmosfera dell'Aula Absidale, il giorno successivo. Una serata che sa di evento mondano. Tra il pubblico si intravvede perfino Pierferdinando Casini, sparito dopo la bellissima esecuzione di
Fratres. A sua discolpa va detto che non è stato l'unico: ai concerti gratuiti c'è di tutto. Seduto accanto ad Arvo Part, stavolta c'era Bill, Viola, le cui installazioni "acquatiche" hanno aperto e chiuso il concerto. Un concerto molto articolato e per questo mai monotono, con i membri dell'ensemble Parco della Musica Contemporanea ad alternarsi continuamente sul palco, portandosi dietro un universo di timbri e sonorità cangianti. I quindici musicisti hanno scavato nel repertorio sia strumentale (Summa, Spiegel Im Spiegel, la celebre Fratres) sia vocale (L'Abbè Agathon, Zwei Wiegenlieder, Es Sang Vor Lingen Jahren), sia sacro che profano, del compositore estone. Ammesso che questa distinzione si possa applicare alla sua musica.

Daniele Follero da RockeRilla n° 355 marzo 2010


- Orient and Occident
(2002) ECM New Series 1795 - cd

1. Wallfahrtslied/Pilgrim's Song - 2. Orient and Occident - 3. Como Cierva Sedienta

Musicians:
Helena Olsson, Swedish Radio Symphony Orchestra and Swedish Radio Choir conducted by Tonu Kaljuste

Produced by Manfred Eicher
Recorded May 28 - June 1, 2001
Engineering by Anders Hagglof, Rune Sundvall
Photo by Kalju Suur

Il decimo album del mistico compositore estone è anche uno dei suoi più variati e godibili all'ascolto puro. Chi non è un devoto della musica corale di contenuto religioso, a cappella o con l'accompagnamento funzionale degli strumenti, accoglierà con un sospiro di sollievo le tre composizioni che nobilitano la nuova raccolta. Perchè, oltre al sobrio coro maschile di
Wallfahrtslied/Pilgrim's Song e al più magnetico coro femminile di Como Cierva Sedienta, l'album concede generose aperture sinfoniche.
I complessi sono di prim'ordine, la Swedish Radio Symphony Orchestra e lo Swedish Radio Choir diretti da Tonu Kaljuste, con la supervisione dell'esigente autore.
Il gioiello della raccolta è, comunque,
Orient and Occident. Sono solo sette minuti di sola orchestra d'archi, un canto monodico di fascino assoluto che si risolve in un ponte sonoro fluido e suggestivo tra due mondi un tempo antitetici ed ora musicalmente vicini. Le guerre di fanatismo religioso e di petrolio restano per fortuna distanti
Giacomo Pellicciotti da Musiche di Repubblica n° 343 - 3 ottobre 2002

- Litany
(1996) ECM New Series 1592 - cd

1. Litany 22.45 - 2. Psalm 6.45 - 3. Trisaglon 11.55

Musicians:
David James,, Roger Chamber-Crump, John Potter, Gordon Jones, Tallin Chamber Orchestra, Estonian Philarmonic Chamber Choir (conductor Tonu Kalijusta), Lithuan Chamber Orchestra (conductor Saulius Sondeckis)

Produced by Manfred Eicher




- Berliner Messe (Magnificat Summa)

(2004) Naxos 8.557299 - cd

1. Cantate Domino Canticum Novum (psalm 95) 3.27 - Berliner Messe: 2. Kyrie 2.46 - 3. Gloria 3.57 - 4. Alleluia Verses I & II 2.00 - 5. Veni Sancte Spiritus 5.06 - 6. Credo 4.15 - 7. Sanctus 2.51 - 8. Agnus Dei 2.01 - 9. De Profundis 5.56 - 10. Summa 4.40 - 11. The Beatitudes 7.51 - 12. Magnificat 7.22

Musicians:
Jurgen Petrenko, Elora Festival Singers and Orchestra

Produced by Norbert Kraft and Bonnie Silver
Recorded at Grace Church on the Hill, Toronto, Canada from May 20th to 25th, 2003
Engineering by Norbert Kraft
Photo by Kalju Suur