Lutz Glandien



album in pagina:

- Domestic Stories (with Chris Cutler)
- The 5th Elephant
- Lost In Rooms



- Domestic Stories
with
Chris Cutler
(1992) ReR LSMCD - cd

1. Still Asleep (prelude) - 2. The Same River - 3. Seven Devils - 4. Unquiet Days In Eden - 5. Housework (intelude) - 6. Seven Veils - 7. Pharmikon - 8. Owls At Dusk - 9. Red, Black, Gold - 10. Seven Gates - 11. Another Life - 12. None Are Disbarret - 13. Up To Our Elbows

Musicians:
Lutz Glandien, Chris Cutler,
Fred Frith, Dagmar Krause, Alfred Harth

Produced by Chris Cutler/Lutz Glandien
Recorded at the Akademie der Kunste zu Berlin, 1991-1992
Cover art by Peter Blegvad

Il cast sfoggiato è di quelli che subito mobilitano l'attenzione: oltre ai due titolari, autori del materiale e impegnati rispettivamente a batteria e tastiere/computer, vediamo schierati Fred Frith (chitarra e basso), Alfred Harth (sassofoni e clarinetto) e Dagmar Krause (voce). Come se non bastasse, il disco sfoggia una bella copertina di Peter Blegvad, tratta dal suo catalogo di oggetti immaginati/osservati/ricordati (in questo caso il soggetto è il cuore, dentro una stanza).
Il ciclo di canzoni, con testi di Cutler, mette in scena tre figure di tradizione biblica più o meno apocrifa, Lilith, Salomè e Maddalena, tutte interpretate da Dagmar Krause (la chiave per capire chi "parla" è all'inizio del libretto). I testi restano nella tradizione cutleriana dell'ispirazione tratta da "icone" di culture arcaiche (vedi anche i testi di
Winter Songs degli Art Bears, ispirati dalle formelle della cattedrale di Amiens) e con un loro certo rigore brechtiano servono molto bene le corde di Dagmar.
Il bello del disco, però, sta nell'elemento "incerto", cioè Lutz Glandien, molto meno noto rispetto agli altri musicisti ma di fatto autore di tutta la musica e senza dubbio principale responsabile dello smagliante splendore di questo lavoro.
Le note biografiche dicono che, dopo aver iniziato a studiare il pianoforte a otto anni, ha suonato in gruppi di musica da ballo dal 1968 al 1975 e che dal 1977 al 1983 è stato compositore e pianista con il gruppo di teatro-canzone sperimentale Schicht di Dresda, parallelamente a studi accademici di composizione. Attualmente i suoi ambiti d'interesse e lavoro musicale comprendono: musica elettroacustica, da camera, per orchestra, per il teatro, canzoni e progetti radiofonici. Qui traspaiono molti di quegli ambiti e in particolare le canzoni (più o meno "rock"), la sperimentazione elettroacustica e la musica da camera. Se a ciò noi aggiungiamo i ben noti trascorsi rock, jazz e improvvisativi degli altri partecipanti, abbiamo tutti i presupposti per un'insalata troppo condita e poco orientata; va invece detto subito che il dato fondamentale del lavoro è il suo notevole equilibrio. Una misura aurea di relazioni tra i componenti computerizzate (sia relative alla sintesi di timbri che alla semplice programmazione di parti strumentali) e fonti strumentali "naturali" (se vogliamo includervi anche le corde amplificate di Frith, sopratutto il basso a cui è prevalentemente impegnato) a dare una tavolozza di soluzioni timbriche estremamente ampia, in cui entrambi i versanti dispongono di una gamma espressiva che va dalla conoscenza armonica al rumore. Ma la musica è altrettanto felice, dal punto di vista dell'organizzazione tonale, nell'equilibrio di relazioni tra parti armoniche e parti totalmente svincolate da un'organizzazione per altezze tradizionali: e qui c'è uno dei colpi d'ala che nobilitano il lavoro, perchè la coesistenza di "armonia" e "rumore" riesce a sfuggire alle soluzioni più ovvie del puro contrasto, per ricercare vie più sottili di integrazione. Le stesse parti vocali non sono mai fortemente caratterizzate e "chiuse" melodicamente, tanto da poter accogliere in modo naturale le componenti più devianti dell'arrangiamento; ciò non significa che si tratti di un recitativo continuo, perchè le armonie di tastiere, chitarre e fiati sostengono ed esplicitano il lirismo delle spigolose melodie, costruendo dei fugaci momenti di estremo piacere emotivo ed equilibrio formale. E da qui si giunge all'altro aspetto vincente di questo lavoro, cioè l'articolazione nel tempo di motivi, impasti timbrici e climi. L'abile Glandien è maestro dell'alternanza drammatica di tensione e rilascio, di pieno e vuoto, di dissipazione e concentrazione e della ricorrenza dei temi (il ciclo di canzoni è dunque a pieno titolo un ciclo). Il calcolo delle proporzioni è accuratissimo, eludendo in pieno ogni pericolo di prevedibilità e lungaggine, o al contrario di esoterismo e fumosità: è mirabile la capacità della musica di prendersi momenti di raregazione o dirompente compattezza senza mai infrangere la continuità della rappresentazione complessiva.
Nella consapevolezza che citare singoli brani è quindi un'implicita negazione del forte valore unitario del disco, bisogna comunque adeguarsi alla presenza della componente "rock" del lavoro, per la quale un disco è fatto per essere smembrato in quarantacinque giri, in brani da passare per radio e in brani candidati alle classifiche personali di ogni ascoltatore. Si possono quindi nominare alcuni titoli, tenendo però presente che spesso la ragione del loro fascino sta in buona parte nella relazione con quelli che li precedono o seguono,
None Are Disbarred, ad esempio, momento fra i più rockeggianti e immediatamente coinvolgenti, potrebbe essere tale per il suo ruolo di conclusione del ciclo (a parte il sommesso postludio di Up To Our Elbows). Oppure, il delicato e variegato invito che viene dalla frammentaria e affascinante Still Asleep è pienamente connesso al suo ruolo di preludio. Voler insistere nella dissezione dei brani (per esempio segnalando l'inaudita potenza di Owls At Dusk) meriterebbe l'immediato rinvio alla rubrica "E chi se ne frega", tanto l'operazione sarebbe soggettiva e in ultima analisi del tutto personale.
Due parole sui musicisti ospiti per rimarcare che, a parte l'ovvio ruolo di prima donna affidato a Dagmar Krause, Frith si conferma uomo "funzionale", meritando un'onoreficenza al merito per il suo indefesso impegno a livello di infrastrutture (leggi: impegnato principalmente al basso, svolge un ruolo poco appariscente ma importante per il risultato complessivo). Harth compare invece di rado ma sempre in piena luce: i suoi interventi sono sempre di primo piano, facendo apprezzare la qualità impressionante del suo timbro fiatistico - una potenza che lo porta sul limite dell'urlo cacofonico, una specie di furia espressionista estremamente emotiva, capace di puiegarsi solo per pochi attimi immacolati alla pulizia e al rigore.
Sul catalogo della ReR, Cutler si mantiene contenuto nei commenti a questo titolo, com'è ovvio per motivi di stile e opportunità ma non c'è dubbio che, se i dischi "raccomandati" venissero riclassificati da persona esterna, questo sarebbe a ragione uno dei più caldeggiati dell'intero mazzo.
Andrea Landini da Musiche n° 15 1994

- The 5th Elephant
(2001) ReR lg2 - cd

1. Show Tools 4.15 - 2. Outside Locators 3.53 - 3. Find Original Of Alias 5.37 - 4. Recall Zoom 3 5.42 - 5.Tile Windows Horizontally 1.55 - 6. Close Song Without Save 4.21 - 7. MIDI Machine Control 5.42 - 8. Punch On The Fly 4.37 - 9. Independent Grace 2.54 - 10. White Background N° 5 4.02 - 11. Nudge Event Position By SMPTE Frame + 0.5 4.51 - 12. Post Changes 4.36

Musicians:
Lutz Glandien, Chris Cutler,
Michael Vogt

Produced by Lutz Glandien
Recorded at the Studio for Electroacustic Music, Academy of Arts, Berlin
Engineered by Georg Morawietz
Cover art by Anke Schonefeldt


- Lost In The Room
(2001) ReR lg3 - cd

1. The House 1.55 - 2. Four Bedrooms 5.50 - 3. Tightrope Walker '46 - 4. All The Roads 2.57 - 5. The Last Room 3.26 - 6. Like This 5.23 - 7. Sailed Away 2.03 - 8. A Huge Kitchen '43 - 9. Two Of My Sisters 5.09 - 10. Not Looking Down 2.24 - 11. The Empty Lot '56 - 12. Small Differences 1.43 - 13. And The Snow 1.57 - 14. As They Sunk 3.13 - 15. Into A Better Room 8.51 - 16. Pretty Much The Same '56

Musicians:
Lutz Glandien, Chris Cutler,
Daelik, Anna-Liisa Lepasepp, Dieter Bauman, Shi Xuan, Zhou Niannian

Produced by Lutz Glandien